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se avuto almeno per il pubblico quella carità, che non dimostra per il Winkelmann; se in vece di mandare tutto il mondo avanti il tempio Vaticano, o il teatro di Marcello, o il Colosseo, con pericolo di restarvi anche sepolto sotto qualche rovina, avesse avuto la bontà di recarli egli stesso per una strada di pochi passi nel palazzo Giustiniani ad osservare quelle due colonne del più duro serpentino orientale, che il Winkelmann dà in esempio della sua riflessione; avrebbe veduto, se non ha capito le di lui parole che egli parla di colonne tutte di uno stesso pezzo il tulio intiero, e il capitello attaccatovi; non già del capitello fatto di un io pezzo di pietra con un pezzetto della parte superiore della colonna, fatta nel resto di altri pezzi; quali sono le altre colonne da lui mandateci a vedere, che di più sono mezze colonne, e pilastri.

Sarebbe ragionevole questa lagnanza. Ma tal altro potrebbe aggiugnere a vostra discolpa, che non avete capito il sentimento di Winkelmann, perchè amante soltanto del bello non vi dovevate curare di sapere la storia dell’architettura de’ bassi tempi, dei tempi del cattivo gusto: e che neppure vi è caduto in mente di vedere il testimonio da lui recato; perchè mai non vi è occorso di trovare questa riflessione in quegli autori, i libri dei quali sono sparsi a larga mano di profonda dottrina architettonica. Sarà, dirò poi io, superficiale la dottrina di Winkelmann, e la sua osservazione; ma sarà sempre vera; e non potrà negarsi, che sia un vero capriccio di chi non seppe inventare altro di nuovo, il fare colonne di pietre durissime, porfidi, serpentini, ed altre, tutte intiere di un sol pezzo col capitello, per far vedete, che quando non si seppe inventare cose nuove di gusto, si seppe con nuove idee stravaganti superare le maggiori difficoltà dell’esecuzione; che lascio riflettere a voi se doveano essere grandissime nel lavorare un capitello attaccato alla colonna, tuttochè non molto grande, per voltare, rivoltare, e lavorare i sottosquadri.

M’investite alla pag. CXIX. perchè io non ho corretto Winkelmann1 ove insieme con altri mette in ridicolo i sacchi d’arena rammentati da Plinio nella costruzione del tempio di Diana Efesina. Questo voi lo credete un gran delitto derivato dalla premessa: colla erudizione sola si potrà mai parlare giustamente della filosofia, della matematica, della meccanica, dell’architettura degli antichi, senza sapere queste scienze? Affè, che voi le dovete sapere in grado sommo, perchè ne parlate con molta enfasi! Avreste fatto però bene, in vece di mettere in ridicolo Winkelmann, perchè gli sembrano ridicoli qete’ sacchi d’arena, paragonandoli colla meccanica de’ Greci, di far vedere, che ci voleva un sublime meccanico per alzare grandi architravi di marmo mediante un monte di sacchi d’arena, fu cui si rotolassero fino a posarsi sui capitelli. Io credo che gli altri Greci meccanici, e Zabaglia, che loda Winkelmann, si sarebbero vergognati di quel mezzo come se ne vergognerebbe il sig. Antinori, che voltò i Cavalli del Quirinale; e il sig. Carburi, di cui tanto lodaste nello scorso anno la macchina per trasportare lo scoglio di Pietroburgo. Il povero Winkelmann non potè arrivare a tanta sublimità di scienze, che non erano compatibili col-

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