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za vi avrebbe citato campo di vedere al!a pagina 36. §. 26. e 27., che ne parla bene, e con una osservazione non fatta mai dai vostri Alberti, Scamozzi, Serlj. Palladj, e Blondel. Trionfate quasi, e non capite in voi d’allegrezza per l’osservazione, che fate alla pag. LXXXIX. sopra l’edifizio focico, non capito, come voi dite, da Winkelmann, nè da me. Rilevate, che Pausania parla dei gradi nell'interno di detto edifizio, e non mai degli esterni sottoposti alle colonne: quindi ne fate una definizione, dalla quale ricavate, che fosse una basilica; e vi maravigliate, che non si avvedesse il Winkelmann, che quei popoli sedendo eternamente negli scalini attorno ad un tempio, volgendosi gli uni cogli altri le spalle, separati in quattro parti dall’edifizio intermedio, non potevano mai tutti insieme deliberare, ascoltare gli oratori, e trattare i loro affari senza un gravissimo incommodo. Belle riflessioni, sig Cavaliere, sono queste; ma permettetemi, che prima io vi domandi, le voi abbiate capito il sentimento di Winkelmann. Avete osservato il proposito, in cui fa menzione del palazzo focico, che è di provare, non che avesse scalini attorno come i tenipj, in cui si tenessero le adunanze dai popoli; ma bensì in generale, che gli scaglioni alti usati in molti edifizj greci, romani, ed egiziani, come piramidi, tempj, e palazzi pubblici, ove si rendeva ragione, non solo erano fatti per modo di scala da salire, nel che io l’ho confutato; ma anche servivano per sedervi? A questo proposito dunque egli dice alla pagina 81.: Pausania scrive1, che ad un palazzo a poca distanza da Delfo, ove i deputati della Focide tenevano le loro adunanze, vi erano scalini, i quali servivano per sedarvi. Era ben naturale, che parlando Winkelmann di un palazzo pubblico, ove si giudicava, o si trattava d’affari dai deputati di una provincia, voi credeste, che egli supponesse quegli scaglioni dalla parte interna, non dalla esterna, che non dice. E per verità farebbe stata una idea nuova, degna della vostra feconda testa, e di quella del gran Michelangelo, il fare un palazzo della città a modo di tempio con quegli scaglioni attorno, per trattarvi pubblicamente, quanto fosse possibile, dei più segreti altari dello stato.

Pare che un’idea sì strana neppur sia caduta in mente a voi, nonchè a Winkelmann; poichè per convincerlo di sbaglio, del suo palazzo ne fate un tempio, dal quale poi create una basilica, come se già ci aveste provato, che le basiliche fossero conosciute dai Greci; e come se le basiliche o greche, o romane nell’interno tutto attorno, invece di essere a modo di passeggi piani, avessero dovuto avere quei gradi per sedervi, forse ad uso di teatro, che si stendevano dal piè delle colonne fino alle mura. Perdonate, signore, io non intendo questa forma di basiliche, forse perchè io son nuovo nelle Belle Arti, e semplice letterato: ben intendo per altro, che voi non ragionate da professore, quando oltracciò volete notare d’inavvertenza il Winkelmann, sul supposto, che parli di un tempio, e non di una basilica col fargli osservare, che quei popoli sedendo esternamente negli scalini attorno ad un tempio, volgendosi gli uni cogli altri le spalle, separati in quattro parti dall’edifizio intermedio, non potevano mai tutti insieme deliberare, ascoltare gli oratori, e trattare 1 loro affari, senza un gravissimo incommodo. Chi mai

  1. Lib. 10. cap. 5. pag. 808, edit. 1696.