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tare, colle viste, e colle regole di semplici architetti, che non vuol dire sciocchi, o ignoranti; sebbene più d’una volta abbiano mostrato di esserlo, come ne fanno fede le tante differenze tra loro, e i loro contrasti.

Ma neppur voglio accordarvi, sig. Cavaliere, tanto grossolanamente, che que’ vostri citati corifei siano non meno grandi nell’erudizione, che nell’architettura; e che i loro libri siano sparsi a larga mano di profonda dottrina architettonica, tratta copiosamente non solo dai classici, ma dalle osservazioni fatte con occhio di architetto sulle fabbriche degli antichi di ogni genere. Io vi sfido a mostrarmi, non colle parole, ma coi fatti, questa grande erudizione tratta copiosamente dai classici, nel Serlio, e nel Palladio; tranne di questo il libro V. della topografia di Roma, che non ha da fare coll’architettura. Sì l’uno, che l’altro appena citano Vitruvio, rarissimamente, e di passaggio Plinio, con qualche altro; e ci danno qualche erudizione, o denominazione di piazza relativamente alle fabbriche di Roma, o d’altri luoghi, che riportano; aggiugnendo al più l’iscrizione, che vi si legge: nel resto la fanno veramente da semplici architetti, come mi pare, che debbano chiamarsi quelli, che danno le piante degli edifizj, colle altre parti di essi, ed una piccola descrizione. Il Serlio, per esempio1, trattando del Panteon, dopo aver accennato ciò che ne dice Plinio, e come fu restaurato da Settimio Severo, e Caracalla, secondo l’iscrizione, che si legge sull’architrave ed altre poche cose, scrive: Ma lasciando da banda queste narrazioni, le quali poco importano all’architetto, verrò a le particolari misure di tutte le cose. E appresso2 parlando degli obelischi: Onde derivassero gli obelischi, e come fossero condotti a Roma, & a che servissero, io non mi affaticherò a narrarlo: perciochè Plinio ne fa menzione ampiamente: ma io ne darò bene le misure, e dimostrerò la forma d’alcuni, ch’io ho veduti, e misurati in Roma. Colla stessa mira il Palladio scrive sempre nelle sue prefazioni, che l’idea del suo libro è di dare al pubblico gli avanzi di molte antiche fabbriche ad uso d’arte (benchè talvolta non lo abbia fatto) per vantaggio degli studiosi del buon gusto. Ecco quanto vogliano esser grandi nell’erudizione, e quanto la spargano a larga mano questi scrittori; o se piuttosto si dichiarino da loro medesimi semplici architetti per ismentirvi.

Voi credeste di dare una prova ineluttabile della grande erudizione del Palladio allorchè scriveste alla pagina XCII.: La sola riflessione, che fa il Palladio3 sul Tempio di Assisi, cioè che la cornice del frontespizio, invece dei modiglioni, che sono nella cornice in piano, ha una sola gola ornata di foglie, giacchè in quel sito non essendovi i puntoni del tetto non ci possono essere i modiglioni, che li rappresentano (unico esempio di questa pratica negli edifizj Romani ), mostra la differenza dell’occhio dell’ERUDITO artista da quello del SEMPLICE letterato. Ma perdonate di nuovo, se io ho il coraggio di ripetervi, che voi, non volendo, confermate vieppiù il mio giudizio. Vi liete scordaro ben presto d’avere alla pagina LXVI. fatto rilevare con un lungo sproloquio, che per quanto utile, e dilettevole sia il sapere l’origine degli ordini, e qual tempio fosse costrutto nella Grecia, e in Roma o di questo, o di quell’altr’ordine; se gli antichi usassero i vetri; se aprissero

  1. Lib. 3. pag. 4. ediz. del 1544.
  2. Pag. 62.
  3. Lib. 4. cap. 26.