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38 O s s e r v a z i o n i

più di diligenza, che non si pratica oggidì; perchè vi si mettevano sino a sette mani di calce, come insegna Vitruvio1: ciascun piano era ben battuto, e assodato; e poi in fine vi si stendeva sopra un piano di polvere di marmo passata allo staccio. Contuttociò una simile incrostatura non oltrepassava la grossezza d’un dito2. Le mura intonacate in quella maniera acquistavano un pulimento, che le rendeva lucide come uno specchio; e con pezzi di esse coprivansi dei tavolini. Non è possibile di abbattere l’incrostatura dei muri, e dei pilastri delle così dette Sette Sale nelle terme di Tito, e della Piscina Mirabile vicino a Baja; essendo forte come il ferro, e lustra come uno specchio3. Nelle


fab-


  1. lib. 7. Cap. 4.
  2. La maniera, che insegna Vitruvio, è molto più faticosa, di quello, che mostri di farla credere Winkelmann; e certamente dovea essere più grossa, e alta l’incrostatura. Sarà bene di portarne le parole secondo la traduzione di Galiani. „ Terminati i cornicioni, si rinzaffino più rozzamente che sia possibile le mura: mentre sta per asciuttarsi il rinzaffo, si cuopra d’arricciatura, regolando le lunghezze colla riga, e col filo, le altezze col piombo, e gli angoli colla squadra; perchè un intonaco così fatto ne farà parer bella la pittura: mentre sta per seccarsi quello arricciato, vi si stenderà il secondo, e poi il terzo. Così quanto più alto sarà l’arricciato, tanto più duro e stabile sarà l’intonaco. Quando oltre il rinzaffo si faranno fatte non meno di tre croste d’arricciato, allora si stenderanno i piani di polvere di marmo; e quello stucco si stempererà in modo, che nello impastarsi non attacchi alla pala, ma n’esca netto il ferro: steso lo stucco, mentre si secca, vi si stende un altro piano più sottile: e quando sarà questo ben maneggiato, e lisciato, si metta anche il terzo e più sottile. Così fortificate le mura con tre incrostature d’arena, ed altrettante di marmo non porranno essere sottoposte nè a crepature, nè a difetto alcuno: ma anzi essendo stati colle mazzuole ben battuti, ed assodati i piani di sotto, e poi ben lisciati per la durezza e candidezza del marmo, cacceranno i colori messivi ne’ pulimenti una somma nettezza e vivezza „. Ognuno intende, che Vitruvio parla di un intonaco per dipingervi sopra., com’egli dice più chiaramente nel progresso, e segue a dire, che non si faccia sottile, ma grosso quanto più sarà possibile. Se poi fosse umido il luogo dove si vuol dipingere, prescrive nel capo seguente le cautele, che ho accennate qui avanti pag. 36. n. a. Per le cisterne, o conserve d’acqua lib. 8. cap. 7. prescrive soltanto una crosta di calce, e di frombole. Queste devono essere di selce, e non più grosse d’una libra. La calce sia della più gagliarda, che poi si mescola con cinque parti di arena della più pura, e più aspra. Un tal metodo però non si vede usato negli antichi acquedotti, e nelle conserve, delle quali parla Winkelmann appresso. Gl’intonachi per le volte, e per le stanze, ove non si volea dipingere, si faceano di tre mani di calce, e l’ultima col marmo pesto, secondo Palladio De re rust. lib. 1. cap. 13. 15.; e con due di marmo, se si voleva ben lustro, come scrive Plinio lib. 36. cap. 23. sect. 55.
  3. Anche il P. Paoli Antich. di Pozzuolo, ec. Tav. 61. fol. 34. ci descrive la sodezza straordinaria, e marmorea dell’intonaco, che vedesi in quella piscina di Baja. Crede però non doversi ciò alla maestria dell’incrostatura, ma bensì alla deposizione fatta dall’acqua delle sue particelle saline: ed ha trovato sempre questa sorta di sodo intonaco nelle conserve d’acqua, non già altrove. Questo intonaco poi è ruvido all’esterno, e quasi globoso. Conviene osservarlo dalla parte, che era attaccata al muro, per averlo liseio; e bisogna arruotarlo perchè sia lucente. L’intonaco nelle Sette Sale, che erano recipienti, o conserve d’acqua, come osservò Nardini Roma ant. lib. 3. cap. 10. pag. 100., e il no-