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sull’Architettura degli Antichi. 37

credenza, che fosse questo un mezzo efficace di tener lontani da esse i perniciosi effetti dello scirocco1. Questo vento discioglie il ferro, e gli altri metalli, di modo che i lavori di ferro alle case vicine al mare devono essere rinnovati di tempo in tempo; al che molto contribuisce anche il sale marino, che circola per l’atmosfera. Il piombo della cupola di s. Pietro deve essere in parte rinnovato, e in parte risarcito ogni dieci anni, trovandoli corroso da questo vento2. Era dunque per prevenire questi cattivi effetti, che gli antichi facevano doppio il muro alle loro case dalla parte del mezzodì; ma lo spazio allora si lasciava più grande fra di essi, che quando volevano salvarli dall’umidità. Questo intervallo si faceva di qualche piede di larghezza; e così ha fatto lavorare il signor card. Alessandro Albani ad uno de’ suoi magnifici casini a Castel Gandolfo.

§. 29. Per alzare gran pesi alle fabbriche si usava una ruota, in cui andavano uomini; come si può osservare in un basso-rilievo incastrato in un muro nella piazza del mercato di Capua dato in rame dal Mazochi3.

§. 30. Intorno alla incrostatura dei muri è da notarsi, che quella dei pubblici edifizj si faceva con egual cura, e pulitezza tanto allora che si volevano intonacare, come quando non s’intonacavano. Quindi è che sebbene sia caduta questa incrostatura, il muro reità così pulito, come se fosse stato fatto per restar nudo. L’intonaco si faceva con molto


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  1. Pausania parla veramente del vento chiamato dai Greci λίψ, dai Latini africus, e da noi libeccio; non già dello scirocco, di cui intende parlare il nostro Autore, e rilevarne i cattivi effetti, che io ho confermati si luogo citato del Tomo I.; come pure dell’austro, o vento meridionale: de’ quali due venti, e loro maligni influssi nell’agro romano, e nell’Italia, può vedersi anche il Donio De restit. sslubr. agri rom. in supplem. Antiq.Rom. Sallengre, Tom. I. col. 960. Se libeccio a Mentana bruciava i teneri pampini delle viti, come scrive Pausania; l’austro in Italia recava danno alle uve, come dice Stazio Sylvar. lib. 5. cap. 1. vers. 146.:

    ....Sic plena maligno
    Afflantur vineta noto.

  2. Non è il semplice vento, che lo corrode; ma il gran caldo del sole, che lo squaglia, a segno di farlo talvolta scorrere fuso in qualche parte: e molto contribuiscono a rovinarlo anche le gelate.
  3. Mazochi Amphith. Campan. [Lo riportaremo qui appresso Tav. XIII.