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36 | O s s e r v a z i o n i |
mattoni arruotati sono per così dire impercettibili.
§. 26. Allorché si alzava una fabbrica in un luogo in pendio, o presso un terreno più alto, si procurava garantirli dall’umido per mezzo di mura doppie, fra le quali si lasciava un buon palmo d’intervallo; come vedesi ben distintamente alle Cento Camere conservatesi nella villa Adriana a Tivoli: le loro volte sono ancora tanto asciutte ai giorni nostri, che il fieno può conservarvisi molti anni.
§. 27. L’interno di quelli muri è fatto con tanta pulizia, e la loro superficie è tanto liscia, che facilmente si conosce, essersi avuto in mira di far sì che non vi si attaccasse l’umido. Questo lavoro serve a farci intendere ciò che ne dice Vitruvio1. Perrault2 si è figurato in quelli doppj muri, Dio sa qual lavoro, con molti canali, o scolatoj3.
§. 28. Un’altra ragione di usar questi doppj muri era per preservarsi dal vento, al quale i Greci davano il nome di λίψ, i Romani quello di africus, e chiamato oggidì scirocco4. Questo vento, come è noto, viene dall’Africa, e regna sulle colle dell’Italia egualmente, che fu quelle della Grecia. Egli è nocevole del pari agli animali, ai vegetabili, e agli edifizj, strascinando con sé de’ vapori grossi, pesanti, e caldi, che offuscano l’aria, e cagionano uno fpossamento universale. A Metana5 nella Grecia due uomini squarciavano in due parti un gallo vivo, e correvano, tenendone ciascuno la metà, intorno alle loro vigne; e ritornati al luogo, ond’erano partiti, ivi lo seppellivano, colla superstiziosa
cre- |
- ↑ lib. 7. cap. 4.
- ↑ ad Vitruv. loc. cit. pag. 229.
- ↑ Non sarà totalmente esatta la figura, che che dà Perrault loc. cit. per ispiegare il sentimento di Vitruvio; ma ciò, che dice Winkelmann, non giova se non se ad intendere uno dei rimedj, e il più facile, che suggerisce quell’architetto; essendo più complicati gli altri.
- ↑ Qui Winkelmann prende lo stesso equivoco intorno ai nomi dei venti, che nella Storia, Tom. 1. pag. 51., ove può vedersi quello, che noi vi abbiano notato.
- ↑ Pausan. lib. 2. cap. 34. pag. 192.
erano triangolati, non essendo altro, un quarto di un mattone grande; cosicchè al di dentro del muro facevano tra di loro un angolo ove entrava la calce. Vitruvio non ne parla. Si vedono però in tante fabbriche. e fra le altre, nelle mura di Aureliano, delle quali parlammo alla pagina precedente. Ne diamo un saggio nella Tav. XII.