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nerale della Magna Grecia quando fu tolta ai Greci padroni, o abitanti, lo racconta di Posidonia Aristosseno, filosofo, e medico di Taranto, il quale visse trecent’anni prima dell’era cristiana al dire del citato Mazochi1, presso Ateneo2, che fosse cioè ridotta dai Tirreni, o Lucani, e poi dai Romani in desolazione al confronto dell’antico suo stato di gloria, e di magnificenza; mutandovi anche il linguaggio, e le costumanze, in maniera che i Greci furon ridotti a scarso numero; e questi pochi ogn’anno in un dato giorno si univano insieme per ricordare le antiche loro grandezze, usanze, e feste, e solennizzarle in qualche modo a forza di lagrime: Aristoxenus in miscellaneis convivalibus, scrive Ateneo, nos id facimus, inquit, quod Poseidoniatæ, ad Tyrrhenicum sinum positi, qui antea Græci, in Tyrrhenorum, aut Romanorum barbariem lapsi, mutatis voce, & institutis, festo quodam uno die ex iis, qui sunt in Græcia celebres, coeunt, memoriamque refricant, & priscorum nominum, & consuetudinum antiquarum, ac legitimarum patriæ, lacrymatique, & sortem suam ad invicem conquesti discedunt.

Qualche somiglianza vuol trovare il P. Paoli fra le proporzioni, e le parti del più grande tempio3 di Posidonia, e in varie cose anche del piccolo4, e fra le regole, che dà Vitruvio per li tempj toscani; mediante la quale con ingegnosissimo raziocinio vuole illustrare quello scrittore, e confermare insieme l’opinione sua dell’ordine toscano in quelle fabbriche. Lunga cosa sarebbe voler esaminare il confronto di tali proporzioni, e parti, e fuor di proposito, quando ci basta fare alcune osservazioni, che tolgono ogni difficoltà. Supponiamo tutte quelle somiglianze: che perciò? Sarà una combinazione accidentale, che poteva benissimo succedere anche in due ordini diversi di fabbriche fatte in diverse epoche dell’arte; ma non proverà mai, che Vitruvio abbia date le regole di quelle fabbriche antichissime, e della prima principalmente, creduta de’ tempi anteriori a Troja; sì perchè ne avrebbe parlato con altre regole, e sì perchè ad evidenza si scorge, che l’ordine toscano da lui descritto nulla ha che fa-


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  1. loc. cit. pag. 508.
  2. lib. 14. cap. 7. pag. 62. princ.
  3. Dissert. 3. n. 24. segg. pag. 86. segg.
  4. Dissert. 4. n. 7. segg. pag. 115. segg.