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tele1 che si adopravano vasi vuoti nella costruzione delle camere, per accrescere la voce2.

§. 19. Consolidate le fondamenta, per cui badavano circa due giornate, si cominciava ad inalzare le mura; operazione, che noi consideriamo sotto due punti di vista differenti, cioè la corruzione del muro stesso, e la sua incrostatura. Le mura di pietre quadrangolari, comunque fossero di tufo, di peperino, di travertino, o di marmo, si facevano posando semplicemente quelle pietre le une sulle altre senza calce, di maniera che si reggevano pel loro proprio peso. Ne’ più antichi tempi Ci mettevano in opera le più grosse pietre, che poteano aversi; donde è nato che fosser chiamate opere de’ Ciclopi3. Per quella ragione stessa la gente del paese dà il nome di Palazzo de’ Giganti alle rovine del tempio di Giove a Girgenti in Sicilia4. Le pietre generalmente sono d’una squadratura sì giusta, e gli spigoli così uniti, che le commesture vi compariscono come un sottil filo; il che da alcuni scrittori è stato chiamato ἁρμονία; e si ammirava particolarmente nel tempio, che Scopa5 fab-


bricò


    le vicinanze nel pontificato di Clemente XI., e state comprate dal duca d’Abrantes ambasciatore di Portogallo in Roma; ed altri monumenti. Ved. Ficoroni Le vestig. di Roma ant. lib. 1. c. 24. p. 163., Orlandi nelle note al Nardini Roma ant. lib. 3. c. 3. p. 68. n. a.

  1. Problem. lib. 2. sect. 11. n. 8. 9. oper. Tom. IV. pag. 117.
  2. Come a tale effetto, e per l’armonia, si mettevano nei teatri., Ved. Vitruvio lib. 1. cap. 1., lib. 5. cap. 5. È degna di particolar osservazione la cupola della chiesa ora dedicata a s. Vitale in Ravenna, opera del VI. secolo dell’era cristiana ai tempi di Giustiniano. Essa è tutta fatta di tubi vuoti collocati orizontalmente, i quali entrano gli uni negli altri, e s’incatenano con tale esattezza, e proporzione, che resta per essi la cupola di lieve peso, e fortissima insieme. Ne darà la detenzione esatta il più volte lodato signor cavaliere d’Agincourt nella continuazione della Storia delle Arti del Disegno; e può vedersi anche il signor Serafino Barozzi nella descrizione, che ne ha data colle stampe di Bologna nell’anno 1782. in 4. pag. 13., e l’Antologia Romana, Tomo X. anno 1714. num. 33. pag. 258. In alcune volte dei portici, ond’è circondata la chiesa di s. Stefano Rotondo sul monte Celio, che è dell’età della suddetta, vi sono parimente usati quei tubi nei fianchi, ma posti quasi perpendicolarmente. Ne darà la figura, e descrizione lo stesso d’Agincourt.
  3. Paus. lib. 2. cap. 20. pag. 156. lin. 28., cap. 25. pag. 165. lin. 20.
  4. Fazell. De reb. sicul. Tom. I. dec. 1. lib. 6. princ. pag. 248. [ Non dice Fazello, che si chiamasse così per questa ragione; ma perchè vi era rappresentata la congiura dei Giganti contro Giove nel portico, che guardava l’oriente, in tante statue. Nella stessa maniera si dice Tempio del Gigante una fabbrica di mattoni a Cuma per la statua gigantesca di Giove ivi ritrovata, e che ora si vede incontro al real palazzo in Napoli, ove fu eretta nel 1670. Ved. il Padre Paoli Antichità di Pozzuolo, ec. Tav. 47. fol. 29.
  5. Paus. lib. 8. cap. 41. pag. 684. in fine.