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ad Alcamene, che unisce i suoi voti per lo stesso oggetto, mettendo nel fuoco sopra un candelabro qualche cosa odorosa, e forse l’incenso, che presso i Greci solevasi mettere con tre dita1. Se poi Alcamene fosse liberto della famiglia Lollia, come crede Winkelmann; oppure uno della stessa famiglia, stabilitoli in qualche luogo fuori di Roma2, o che in questa città ancora avesse avuto quelle cariche per onorificenza, come si praticò più d’una volta con persone benemerite; io lo lascerò disputare ad altri più opportunamente; bastandomi qui di poter dire a favore di Winkelmann, che non era necessario fosse ingenuo, quando non se ne dia alcuna buona, o probabile ragione, come dice il signor abate Marini; poichè è certo dalle leggi romane3, che a quegli impieghi potevano aspirare ugualmente i liberti, che gl’ingenui, qualora fossero loro restituiti i natali, o avessero jus aureorum annulorum. Chi saprà poi dire il fine, per cui Alcamene facesse fare questa rappresentazione colla data di quell’anno, che era duumviro? Se si potesse dire, che il piccolo pezzo del marmo appartenerte ad un’urna, potrebbe sospettarsi, che su di questa vi fossero scolpiti i fatti principali del morto, o fosse Alcamene, o il suo figlio, colla iscrizione ripetuta ad ogni fatto; e che ne fosse rimasto soltanto quello, in cui si figurava l’educazione, e i voti per essa, come era simboleggiata in altra maniera nell’urna, o bassorilievo descritto qui avanti al numero 36. del Tomo I.; oppure che il monumento fosse fatto in quell’anno del magistrato d’Alcamene. Quello bassorilievo stava prima in casa Vitelleschi, come si ha dal Reinesio, che lo descrive, e ne riporta l’iscrizione4. Dopo tutto quello aggiugnerò, che di monumenti sepolcrali, in cui vedonsi morti dei fanciulli, più d’uno se ne trova; ed uno, fra gli altri, se ne ha nella galleria Granducale a Firenze dato dal Gori5, nella cui facciata vedesi un fanciullo morto steso sopra un letto, la madre, che siede sopra la sedia col cuscino, e suppedaneo, in atto di piangere, col padre di contro seduto sopra una grande sedia alta dietro, ove


non


  1. Aristofane in Vesp. vers. 95. seg.
  2. Vedi qui avanti pag. 53. col. 2.
  3. l. i. Cod. Si serv. aut libert. ec.
  4. cl. 6. num. 134. pag. 465.
  5. Inscr. ant. par. 3. lab. 17.