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sull’Architettura degli Antichi. 27

to dagli scavi di questa terra; e i grottoni, ove si è cavata, hanno più miglia di lunghezza: in quelli erano le catacombe1. Allorché si lavorò alle fondamenta del casino della villa Albani, furono trovati tre di questi grottoni uno sull’altro; di maniera che fu necessario scavare più oltre, e fino alla detta profondità di ottanta palmi.


§. 14. Passando all’arte di fabbricare, come articolo secondo della parte essenziale dell’Architettura, dovremo cominciare dalle fondamenta, che erano fatte o di grosse pietre quadrate di tufo, come già si è detto innanzi2, oppure di rottami di questo tufo medesimo, che era la maniera più comune, come lo è ancora al presente. La platea, ove usavansi quei rottami, si facea nel modo seguente, per quanto si vede dalle rovine. Si gettava la calce a sacco nella fossa, e poi si copriva nello stesso modo con pezzi di tufo, così continuandoli gli strati, o piani di calce, e di tufo sin che la fossa era piena. Questo fondamento si convalidava in due giorni, e diventava tanto duro per la pozzolana, che poteva fabbricarvisi sopra immediatamente. Deesi anche notare, per ciò che riguarda le mura sopra terra, che gli antichi considerando la qualità soda della pozzolana, mettevano sempre più calce che pietre; e su tal metodo sono


D 2 fatte


  1. I grottoni delle catacombe sono stati fatti e per la pozzolana, e per altre qualità di arena, come anche per cifrarne del tufo. Vedi Boldetti Osserv. sopra i cemet. lib. 1. c. 1., Bottari Scult. e pitt. sagre, ec. Tom. I. n. 1. Una specie di catacomba è il così detto laberinto di Creta, non già il vero e antico laberinto, nominato qui avanti pag. 24. col. 2., il quale appunto è formato d’una infinità di corridori, e strade implicatissime cavate sotto una montagna per estrarne pietre da fabbricare. Si vedano fra gli altri, Tournefort nella descrizione, che ne dà nelle Memorie dell’Accademia delle Scienze di Parigi all’anno 1701. pag. 217. segg., e Gimma Della fis. sotterr. Tom. I. lib. 1. cap. 9. art. 8. pag. 93. segg.
  2. Pietre quadrate si dicono anche da Vitruvio lib. 1. cap. 5., e altrove, da Livio lib. 6. cap. 3. n. 4.., Seneca Epist. 16., dal giureconsulto Ulpiano l. Et si forte 6. §. Modus 5. ff. Si ferv. vind., e da tanti altri scrittori latini generalmente. È però da notarsi con Galiani al luogo citato di Vitruvio n. 2. pag. 32., che, quadrate non si dicono in uno stretto significato di quadro, o di cubo; ma solo per significare grosse pietre con facce piane, ancorché non uguali, e che oggidì sogliamo chiamare col termine generale di lavorate, o quadrangolari. La forma di pietre quadrate, o quasi quadrate può vedersi nella Tavola data nel Tom. iI. pag. 375.; e per le altre si veda la Tavola XII. in fine di questo Tomo.