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taggio potea mai provenirne agli edifizj antichi o conservati, o rovinosi; e agli avanzi delle antiche statue? A ben intender la cosa, qui anzi abbiamo a prender l’epoca del loro finale devastamento. Quantunque il Pontefice Pio II. in una bolla data fuori nell’anno 1462., e riportata anche nello Statuto di Roma, inerendo alle costituzioni d’altri suoi predecessori, ad istanza de’ conservatori, de’ caporioni, e dei cittadini rinnovasse con pene grandi la proibizione ad ogni persona di rovinare in qualunque luogo, e per qualunque pretesto gli antichi monumenti, o per vendere i materiali, o per adoprarli a nuove fabbriche, o per farne calce; al che lo Statuto stesso provedeva in un capo col titolo De Antiquis ædificiis non diruendis1; pur necessariamente doveansi atterrare quanti avanzi di fabbriche antiche s’imbattevano per quella linea di strada, che volea drizzarli, o slargarli; frequentissimi trovandosene gli esempi registrati dagli scrittori delle Antichità di Roma. Qualcheduna restava inchiusa nei cortili, o nei muri delle case private, dei monisteri, e loro giardini, ove spesso facevasene mal governo. La calce si faceva ugualmente coi pezzi di travertino, che si trovavano dispersi, e levandoli anche dagli edifizj tuttochè fossero intieri; come ci attesta Poggio Fiorentino2 essere stato praticato sul principio del secolo XV. al sepolcro di Cecilia Metella, e al Tempio della Concordia fatto di marmo, che egli avea veduti ancora intiero il primo, e quasi intiero il secondo quando venne in Roma la prima volta: il che non può essere stato fatto altrimenti che con pubblica autorità, o connivenza3. Si


cuo-


  1. lib. 3. tit. 24.
  2. De varietate fortunæ Urbis Romæ, in supplem. Thes. Antiq. Rom. Sallengre, Tom.I. col. 508. 505.
  3. Non passerò qui sotto silenzio la notizia, che dà l’Infessura Diar. Urb. Romæ, pocanzi citato, presso l’Eccardo Tom. iI. col. 1934., e presso il Muratori Tom. iiI. par. 2. col. 1178. B.: cioè, che alli 23. di luglio 1484. in Campo furono mandati per Papa Sisto IV. venti carra di palle da cannone, detto allora bombarda, fatte di travertino attorniate, le quali furono in numero di quattrocento; e furono fabbricate alla Marmorata, dove si finì di distruggere un ponte di travertino rotto, il quale si chiamava il ponte