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sull’Architettura degli Antichi. 21

na, che si è veduto qualche volta in Albano piover sassi1, conviene senza dubbio attribuire un tal fenomeno a qualche eruzione vulcanica delle vicine montagne2.

§. 7. Gli antichi tagliavano il tufo nelle cave a massi quadrati, e l’adopravano non solo per fondamenti, ma ne facevano anche le intiere fabbriche. Ne sono fatti gli acquedotti di Roma che non sono di mattoni3, e l’interno del Colosseo. Presentemente si cava il tufo in piccoli rottami, quali col piccone staccansi dal masso; e si fanno servire per li fondamenti, e per le volte, o per riempitura, come dirò qui appresso.

§. 8. Fu adoprata eziandio sin dai più antichi tempi negli edifizj di Roma, e nelle sue vicinanze, la pietra detta peperino, che è una specie di pietra di un color bigio scuro più dura del tufo, e più tenera del travertino, e per conseguenza più facile a lavorarsi. Era chiamata dagli antichi pietra d’Albano4, perchè molta se ne traeva da quella città: ciocche non fu osservato nè dai commentatori, nè dai traduttori degli scrittori citati. Oggidì a Roma si dice pepe-


rino,


    re, siano naturali, e gli altri siano consunti dal fuoco. Si nega una tal differenza dal P. Becchetti nella sua eruditissima Teoria generale della Terra, lez. XI. pag. 327. ripetendone la ragione dal lungo soggiorno fatto dai primi sotto terra, e dall’esservisi più facilmente, a cagione dell’umidità del terreno, mescolati altri corpi stranieri. Se ne trova anche nel territorio di Velletri, dei quali avendo fatta l’analisi il ch. dottor Lapi, per compiacere al genio di monsig. Stefano Borgia amante di ogni cultura, ed erudizione, trovò, come riferisce lo stesso Padre Becchetti, che contengono una porzione di ferro, che era facilmente tirata dalla calamita, con un sale alcali, che fermentava cogli acidi, il tutto strettamente unito ad una terra vetrificata: epperciò è della stessa natura della pozzolana. Si veda lo stesso Lapi nelle opere citate qui appresso not. b.

  1. Livio lib. 1. cap. 12. n. 31., lib. 25. cap. 6. num. 7. Vedi il P. Becchetti loc. cit. pag. 331. segg.
  2. Ora più non se ne dubita dopo le ricerche fatte sugli storici antichi, e sulle produzioni vulcaniche esistenti in quei contorni. Possono vedersi Kippingio Antiq. rom. lib. 1. cap. 12. n. 10. pag. 262. seg., Freret Reflex. sur les prodiges rapportez dans les anc. Acad. des Infcript. Tom. IV. Mém. pag. 414. segg., de la Condamine Extrait d’un journal de voyage in Italie, Acad. royale des Scienc., année 1757. Mém. pag. 336. segg., Lapi nel Giornale de’ letterati, anno 1758. art. 8. pag. 103., e Lezione accad. dei due laghi albanese, e nemorese, Ferber Mineral. d’Ital. let. 11., Minervino Etimologia del volture, pag. 220. Vedi anche il P. Becchetti p. 329.
  3. Qualcheduno è anche di peperini, come l’avanzo del condotto dell’anione vecchio internato nelle mura urbane, di cui dà un pezzo in rame il sig. Piranesi Le antich. romane, Tom. 1. Tav. 10. fig. 1.; e il condotto dell’acqua Marcia, come osserva Ciampini Vet. monum. Tom. I. cap. 8. Il condotto dell’acqua Vergine in qualche luogo, come dietro al palazzo del Bufalo, è di travertini.
  4. Vitruv. lib. 2. cap. 7., Plin. lib. 26. cap. 22. sect. 48. [ Vedi qui avanti Tom. iI. pag. 159. n. 1.