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s u l l e R o v i n e d i R o m a. | 343 |
procurò di restaurarle quando vi entrò la seconda volta; non già le nuove, che si pretende vi facesse in quella occasione, le quali essendo state molto maggiori al dire dei nostri avversarj, non sarebbero siate omesse da Procopio; e nel restaurare tutto il rimanente, Totila avrebbe fatto rialzare anche gli Obelischi, o qualcuno di essi almeno, se prima gli avesse rovinati.
La ragione, per cui si afferma, che Totila facesse un tal guasto, si è l’invidia, che ne aveano que’ barbari, i quali costumavano nella loro patria d’innalzare delle grandi pietre di venti, e trenta piedi in forma di piramide: al che io torno a ripetere, che supposta eziandio ne’ tempi antichi l’usanza di quelle piramidi presso i Goti del settentrione; Totila, e i sudditi suoi non potevano più considerarsi come barbari di quell’antica origine; poichè erano cristiani, e da tanti anni, che dimoravano in pace sotto il dolce clima dell’Italia, governati da re umani, e pacifici, aveano dovuto cangiar non poco di quelle rozze maniere selvatiche, e del pensare oltramontano: e dato, che lo abbiano ritenuto, io chiederò, perchè nessuno de’ sovrani antecessori di Totila ebbe mai quella invidia? perchè non l’ebbe Totila stesso quando entrò in Roma la prima volta allorchè fece veramente qualche danno alla città, come dicemmo? e finalmente perchè i Goti dovessero avere una simile invidia per monumenti esistenti in una città loro da tanto tempo soggetta, i quali doveano anzi loro esser cari, come quelli, che ricordavano le memorie dell’antica abbandonata lor patria?
Quanto mi pare frivolo il motivo d’infierire contro que’ monumenti, altrettanto io credo insussistente il mezzo, che vuolsi adoprato dai Goti a tal effetto. Pretendesi, che vi adoprassero funi, e vetti; e che facessero fuoco al piede degli Obe-
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