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calce coi rottami di statue, e di fabbriche, dalle calcare trovate in varie parti negli anni scorsi piene di quei frammenti; e da quelle molte disotterrate in una vigna intorno alla mentovata chiesa de’ Ss. Quattro Coronati, delle quali dà relazione Flaminio Vacca nelle sue Memorie1; quantunque non possa determinarsi il tempo, in cui siano state fatte, essendo durato l’uso di esse lungamente, come vedremo.

Così ancora può essersi praticato in que’ tempi, e ne’ posteriori, come forse anche ai tempi di Teodorico per l’ampia facoltà, che accennammo, di metter in opera nelle fabbriche, e sopra tutto in quelle de’ privati, que’ materiali, che tornavano più a comodo, o fossero bassi-rilievi, o pezzi di statue, o di colonne; e lasciandoli sepolti ne’ fondamenti se vi s’incontravano. Per ciò tanti se ne scoprono alla giornata di simili frammenti in ogni genere di antichi edifizj, e muraglie sì nella città, che nelle campagne; e di molti può vedersene fatta menzione presso il citato Vacca2. E’ per altro scusabile un tal uso in que’ tempi di calamità, e di barbarie, ne’ quali verun pregio non poteano avere nè questi, nè altri monumenti dell’arte; quando sappiamo che nella Grecia eziandio ne’ secoli del buon gusto in qualche occasione non praticavasi altrimente. Abbiamo da Tucidide3, che nel rifarsi le mura d’Atene al tempo di Temistocle, fu gettato ne’ fondamenti di esse tutto ciò, che veniva alla mano, pietre rustiche, lavorate, e colonne tolte dai monumenti: Fundamenta substrata sunt ex omni lapidum genere constructa, qui nonnullis etiam in partibus non sunt politi, sed ut quisque forte eos afferebat: multa etiam columnæ ex monumentis detractæ, & saxi polita sunt congesta; e ci dice Plutarco4, che lo stesso facevasi generalmente a


suo


  1. num. 12.
  2. num. 13. 14. 48.
  3. lib. 1. cap. 93. pag. 61.
  4. De prof. in virt. sent. in fine, oper. Tom. iI. pag. 85. F.