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riportata nel Codice Teodosiano dopo la precedente1, ricaviamo, che per restaurare le fabbriche pubbliche in tutte le provincie dell’impero vi fossero delle entrate adeguate, e i magistrati dei luoghi rispettivi ne avessero l’incombenza. Questi assegnamenti saranno stati fatti anche in Roma, ove erano più necessarj, che altrove; ma io dubito, che al tempo di questo imperatore, e prima ancora, qualche edifizio, e de’ più grandiosi, siasi lasciato andare in rovina, seppur non era precipitato per altre cause. Così m’induco a pensare per le tante chiese innalzate da Costantino in quella città, nominate da Anastasio nella vita di s. Silvestro, nelle quali si veggono accozzati pezzi di varie maniere. Io non crederò mai, ch’egli abbia rovinate appostatamente le fabbriche intiere, per levarne colonne, o altri materiali; ma bensì, che gli abbia raccolti da altri edifizj rovinati, e inservibili. Anastasio non ne fa parola. Soltanto racconta, che s. Sisto III.2, il quale governò la chiesa dall’anno 432. al 440., eresse nel battistero vicino alla basilica Costantiniana le colonne di porfido, coi loro architravi di marmo, raccolte già per quell’effetto da Costantino; e nella vita di san Silvestro3 scrive, che alcune colonne4 questo imperatore le fece venire dalla Grecia, ornandone la basilica del Principe degli Apostoli: del che avrebbe potuto fare a meno, se avesse voluto metter mano su tante fabbriche, ove ne erano d’ogni qualità. E’ indubitato, che all’Arco di lui fatto dal Senato sieno stati adoprati i bassirilievi forse di un altr’Arco di Trajano, ma io non ho potuto trovare, che questo fosse guastato ad arte per adoprare i materiali in quello; e per le colonne della basilica di s. Paolo abbiamo già osservato, e meglio lo diremo ap-

  1. lib. 15. tit. 1. De oper. publ. leg. 2.
  2. sect. 65. Tom. I. pag. 72.
  3. sect. 38. pag. 42.
  4. Vedi qui avanti pag. 90. not. a.

pres-