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ministero, si figurasse che le statue siensi trovate, e si trovino tuttavia sotterrate a bella posta dagli antichi medesimi, e fuor dell’abitato. Tralascio altre ragioni, che potrebbero addursi in difesa di s. Gregorio; come per esempio, potrei chiedere a’ miei avversarj, perchè se ha rovinate tante fabbriche, ne abbia poi lasciate tante altre intierissime; e se tolse con tanto impegno tutti gli oggetti di superstizione dagli occhi del popolo, l’obelisco da Nerone cretto nel suo Circo egli lo lasciasse in piedi1 accanto alla stessa basilica del Principe degli Apostoli nel Vaticano. Egli si difenderà da sé medesimo in maniera più evidente, come vedremo.

Ma intanto, dirà taluno, Roma, la città eterna, quella Roma, che era il complesso di tutte le maraviglie del mondo2, le cui fabbriche pareano contrattar col tempo distruttore, e vantarsi di una solidità perpetua; quella Roma è stata quasi annientata, ed ora si può dire ugualmente di essa, che dell’antica sua rivale Cartagine:

Copre i fasti, e le pompe arena, ed erba3.

Chi dunque avrà dato mano a tanto eccidio? Chi avrà spianati quei sette colli orgogliosi, le cui grandiose fabbriche sembravano toccar il cielo? Chi avrà alzate le valli, chi inabissati edifizj fatti a modo di provincie4, chi fatto dileguar come un fumo tante migliaja di sterminate colonne, ed altre immense moli di marmi? Chi, in somma, come, e in che tempo ha potuto render questa città quasi una pianura deserta, per modo, che durisi fatica a trovarvi in


O o 2 tan-


  1. Vedi il Nardini lib. 7. c. 13. pag. 424. seg., e ivi la nota, ove si fa vedere a lungo, che quello obelisco non sia caduto mai, contro il Ficoroni, Venuti, ed altri, che lo asseriscono.
  2. Temistio scriveva ai tempi di Graziano, cioè verso l’anno 584., Orat. 13. amat. in Gratian. imp. pag. 177. D.: Inclyta, ac celebris Roma, immensum est, atque omni oratione majus pelagus pulchritudinis.
  3. Tasso Gerusal. Canto 15. st. 20. v. 4.
  4. Lo diceva Ammiano Marcellino delle terme lib. 16. cap. 11. Valesio ivi nella nota vuol emendare provinciarum in piscinarum, perchè non avrà veduta la vastità delle Terme Diocleziane, e delle Antoniane.