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credibile, che i suoi Romani, i quali sino al tempo di Procopio, cioè pochi anni prima, anche in tempo di guerra, e in mezzo al furore di barbare nazioni, si erano mostrati cotanto gelosi, e impegnati per gli ornamenti della loro patria, avessero in un tratto a mutar genio, e soffrirne in pace il devastamento, e quasi totale rovina; e nell’uno di essi avesse a correre, anzi volare a Costantinopoli per farne altissime doglianze ad uno dei più iracondi imperatori, quale era Maurizio; o almeno al di lui esarco Romano, il quale in tante altre cose si era inoltrato a s. Gregorio apertamente contrario1. Che le accennate leggi fossero in vigore a quel tempo, e che i Papi ne avessero tutto il riguardo, ce lo comprovano i fatti degl’immediati successori di s. Gregorio, Bonifazio IV., Onorio I., e Gregorio III. Il primo consecrò alli 13. di maggio dell’anno 610. in tempio cristiano il Panteon, che era restato chiuso, dopo averlo chiesto in grazia all’imperator Foca, successore di Maurizio, come attestano Paolo Diacono2, ed Anastasio nella di lui vita3. Il se-


con-


    Dell’orig. e del comm. della mon., e della istit. delle zecche d’Italia, lib. 1.pag. 28.

  1. Si veda lo stesso san Gregorio lib. 2. epist. 46., lib. 5. epist. 42.
  2. De gest. Langobard. lib. 4. cap. 37.
  3. sect. 116. Tom. I. pag. 117. Ho detto, che il Panteon fosse restato chiuso fino a quel tempo, perchè lo suppongo un tempio, il quale si dovette chiudere come gli altri, per la legge dell’imperator Costanzo nel Codice Teodosiano lib. 16. tit. 10. De pagan. sacrif. & templis, leg. 4., e per l’altra d’Onorio in data dell’anno 399. portata nello stesso titolo leg. 18. Il ch. sig. abate Lazeri in un discorso sulla consecrazione di esso, fatta dal lodato Papa Bonifazio IV., si è impegnato, per quanto ha saputo ragionare, a sostenere che non fosse tempio, e che tale non lo credessero i Cristiani; perchè altrimenti non sarebbe sfuggito all’armato loro zelo, quando essi correvano senza riserva ad abbattere i tempj, e simulacri, ed ogni avanzo di superstizione gentilesca in vigore di una legge di Teodosio giuniore emanata nell’anno 416., con cui si ordinava la distruzione di tutti i tempj; cosicchè. dic’egli, niun altro tempio (cosa in vero notabile molto) troviamo noi in Roma, la quale ne era pure così piena: oppure, soggiugne pag. 40., che essendo da un pezzo cessato in Roma il pubblico culto de’ falsi dei, e però l’uso di quello tempio, co’ primi, qual che se ne fosse la cagione, non distrutto, nè abbattuto; aver poi i Cristiani al sopravvenir la legge di Teodosio potuto o credere, o dubitare, che non fosse esso vero tempio destinato ad adorare, e venerare gli dei. La base di questo discorso è la legge di Teodosio il giovane. Questa non va intesa strettamente di distruzione, come bene osserva Gottofredo nel commentario ad essa, e come potrei provarlo assai più diffusamente contro le risposte del signor abate Lazeri. Ma chechè sia di tale spiegazione, era prima da osservarsi, che la legge era fatta per l’Illirico orientale, come nota anche Gottofredo, non per Roma, ove non era necessaria, come potea riflettere il sig. ab. Lazeri, mentre egli diceva che il pubblico culto degli dei vi era cessato da un pezzo, cosicchè i Cristiani non avessero a sapere di certo, se il Panteon era vero tempio dedicato agi’ idoli: cosa peraltro, che non si potrà mai ac-