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rovinare nè i Cristiani, nè i Gentili; poichè oltre il loro genio di conservarle, come dicemmo, quasi tutti gl’imocritori, cominciando da Vespasiano sino a Giustiziano, vale a dire dal secondo sino al sesto secolo, con replicate leggi o accennate, o riportate nel Codice Teodosiano1, e nel Giustinianeo2, non solo proibirono rigorosamente a chiunque di appropriarsi qualunque pubblico edilizio, e di distruggere i pubblici, o anche i proprj, per qualsivoglia causa, se fosse venuta a deformarsi così la città; ma proibivano eziandio ai magistrati di Roma in ispecie di alzarne dei nuovi a spese dell’imperiale erario, se prima non erano restaurati i vecchi; o se taluno avesse voluto elevarne a sue spese, non potesse a tal effetto adoprare i materiali presi da altri edifizj quantunque rovinosi. Di tante leggi noi riporteremo qui la 19. del detto titolo del Codice Teodosiano diretta nell’anno 376. al Senato dagl’imperatori Valente, Graziano, e Valentiniano: Nemo Præfectorum Urbis, aliorumque Judicum, quos potestas in excelso locat, opus aliquod novurn in Urbe Roma, inclyta moliatur, sed excolendis veteribus intendat animum. Novum quoque opus qui volet in Urbe moliri sua pecunia, suis operibus absolvat, non contractis veteribus emolumentis, non effossis nobilium operum substructionibus, non redivivis de publico saxis, non marmorum frustis, spoliatarum ædium deformatione convulsis.

Una incerta tradizione fondata piuttosto su d’un sognato zelo, che fu giusti fondamenti, fa autore s. Gregorio il Grande della distruzione del resto di tante fabbriche, e di tante statue. Amalrico Augerio scrittore del secolo XIV. in una Cronica de’ Papi data da Eccardo3, e dal Muratori4,

Tom. III. N n e fra


  1. lib. 15. tit. 1. De operibus publicis.
  2. lib. 8. tit. 10. De ædificiis privatis, e tit. 12. De operibus publicis.
  3. Corpus hist. med. ævi, T. iI. col. 1684.
  4. Rer. Italic. Script. Tom. iiI. par. 2. pag. 56. Il Muratori alla pag. 4. ne fa pochissima stima per le vite de’ Papi fino a Innocenzo III.