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danno apportato ai monumenti sì pubblici, che privati, dovette esser piccolo relativamente alla quantità immensa, che ve n’era: il che possiamo argomentare da quei, che numereremo appresso, e da Olimpiodoro, che scrisse poco dopo1, ove non solamente loda le terme d’Antonino, e di Diocleziano per la loro ampiezza, e comodo del pubblico; ma osserva, che le case grandi contenevano quanto poteva avere di più magnifico una piccola città, ippodromo, fori, tempj, fontane, e bagni: E magnis romanæ urbis domibus omnia intra se unaquæque habuit, quæcumque mediocris etiam urbs habere potuit, hippodromum, fora, delubra, fontes, varia balnea: hinc & scriptor sic exclamat:

Est urbs una domus: mille oppida continet una urbs.


Sed & lavacra publicæ ingenti prorsus fuere magnitudine, e quibus, quæ Antonianæ nominantur thermæ, ad commodiorem lavantium usum, mille sexcenta habuerunt sedilia e marmore polito fabricata: Diocletiana duplo fere plures. Così scrive Fozio, che dà l’estratto della di lui opera2.

Genserico re de’ Vandali, che entrò in Roma l’anno 455., alle preghiere principalmente di s. Leone si trattenne dall’incendiar la città; nè abbiamo, per quanto io sappia, che desse guasto alle fabbriche, o alle statue. Ci narra soltanto Procopio3, che spogliò il palazzo imperiale di quanto v’era di buono, e persino degli utensili di rame; tolse al tempio di Giove Capitolino la metà delle lamine di bronzo indorato, che lo coprivano4; caricò una nave di statue, forse di bronzo, per mandarle a Cartagine, che poi perì nel mare; e portò via fra le altre cose preziose i vasi d’oro tolti da Tito al tempio di Gerusalemme, come rife-


risce


  1. Eclogæ histor. in fine, presso Fozio cod. LXXX., e nella Hist. Byzant. Tom. I. Excerpta, pag. 14. D.
  2. Aggiugne a questo luogo, che secondo le misure prese dal geometra Ammone, quando vennero per la prima volta i Goti a Roma, le mura di quella città giravano ventun miglio. Vedi Nardini lib. 1. cap. 6.
  3. loc. cit. cap. 5. pag. 189. B.
  4. Vedi Tom. iI. pag. 410. col. 1.