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262 L e t t e r e


A r t i c o l o   XVI.



Un certo signore romano avendo comprato una statua di una donna vestita, troncata d’una mano, e de’ piedi, con una parte della tonaca, la fece portare da uno de’ primi scultori romani, chiamato Bracci, per farla restaurare. Avrà


que-


    scun pezzo dei quali si scrivono nell’atto della spedizione con semplice color rosso, forse per la vicinanza di là a Roma, le lettere iniziali di quello, al quale si mandano; e il numero corrispondente alla quantità, che ne porta la barca. Vi si aggiugneva anticamente il nome del console per segnare l’anno, in cui si spedivano; e ciò per cautela a cagione del lungo viaggio, che facevano i marmi provenienti dalla Grecia, e da altri parte dell’Oriente attesa anche la ristretta navigazione d’allora, la quale non si faceva che nei mesi di primavera, di estate, e in settembre; o più probabilmente per trovarne il rincontro nei libri della spedizione; essendo obbligo per editto del pretore di mettere il giorno, e il console negli atti pubblici, e privati, e nei libri de’ conti, secondo l’usanza avanti che gli anni si segnassero all’uso nostro, e secondo le ere di qualche città, o provincia. Ulpiano nella l. Qua 1. §. Editiones 2. ff. De edendo: Rationes cum die, & consule edi debent: quoniam accepta, & data, non alias possunt apparere, nisi dies, & consul fuerit editus: e nella l. Si quis ex argentariis 6. §. Si initium 6. eod. tic.: communis omnis rationis est præpositio diei, & consulis. Dunque il console nominato nella nostra iscrizione non era il padrone del marmo, come dice Winkelmann al luogo citato della Storia: il che poteva capirsi anche dal susseguente nome, che ho detto potersi spiegare per Valente, a cui dovea spettare il marmo. Questa soprascritta, diremo così, era solita farsi nella spedizione di tutte le merci, come si pratica dai nostri mercanti; e in ispecie dei marmi, incontrandosene non poche nelle citate, ed altre raccolte d’iscrizioni, e in tanti frammenti di pezzi antichi. Tre sole ne riporterò qui prese dal Muratori Tom. I. pag. 319. n. 5. 6. 7., che Pirro Ligorio ha copiate da altrettanti rocchi di marmo al porto d’Ostia; e serviranno a comprovare quel che si è detto nel Tom. iI. pag. 377. dei tanti lavori fatti al tempo dell’imperator Adriano in Roma, portando il di lui consolato.

    IMP. CAES. HADRIANO
    III. COS. EXARAT
    TESTI
    N. CCXXIX.


    IMP. HADRIANO. N. III. COS.
    EX. RAT. TEST.
    N. CLXIIX.


    IMP. CAES. TRAIN. HADR
    AVG COS. EX. ARATIONE
    MARM. RHOD. NVM. CCX
    L. IVNI. VRVASI.


    Osservo per altro su qualche marmo, che nella iscrizione vi è omesso il console; come nella testa della colonna di cipollino trovata alcuni anni sono vicino al monistero in Campo Marzo, ed ora colca nel cortile di Monte Citorio, di oltre sei palmi di diametro alla base, in cui si legge soltanto il numero di forma non tanto rozza in quello modo:

    L CCCXLIII I° CCCII

    A


    e alla base: CLXXVII.

    Si farà forse usato così nelle colonne, e in altri pezzi, che dovessero servire per edifizj pubblici, e intorno alle quali non potesse per altra ragione nascervi equivoco.

    Nell’altra iscrizione recata, alla seconda linea si dee forse leggere: procurante Crescente liberto; come in altra presso Reinesio class. 11. num. 64. pag. 620. si legge: PROCVRANTE FELICIA FELICVLA. Si potrebbe anche pensare che dica procuratore; ma io osservo che generalmente procurator si legge nelle iscrizioni per dir l’uffizio semplice, come in quella di Serto Vario Marcello, che citammo pocanzi pag. 249. col. 2., in altre presso il citato Donati class. 4. pag. 138. n. 6., e Reinesio cl. 1. n. 93.; all’apposto in ablativo si legge procurante, come presso lo stesso Donati pag. 144. n. 6. 7., pag. 149. n. 6., ed altri, per significare l’atto dell’impiego. In seguito sarà stato marcato il numero del