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di quella città; come pure da un’altra iscrizione già pubblicata da monsig. Fabretti1, la quale ci dà notizia di statue cavate EX ABDITIS LOCIS per ornare i bagni dell’imperator Severo; pe’ quali luoghi ascosi io crederei, che non andassero intese, che le città sommerse d’Ercolano, Resina, Stabbia, e Pompeja. Questo marmo è stato portato da Pozzuolo a Portici2. Le lettere de’ volumi compariscono distintamente anche sopra la carta nera; e questo va comprovando, che non sieno scritte con inchiostro, il di cui principale ingrediente è il vitriolo: scritte con questo non
Tom. III. | B b | avrebb- |
- ↑ Inscr. cap. 4. n. 173. pag. 280.
- ↑ Winkelmann ripete quella notizia nella citata lettera sulle scoperte d’Ercolano al signor conte di Brühl, pag. 16., e l’ha ricavata coll’applicazione dell’iscrizione, da Martorelli loc. cit. pag. XXXVI. segg., ove la riporta, e così spiega le parole ex abditis locis. Egli la trovò presso uno scarpellino in Napoli, che l’aveva avuta da Fregnano Piccolo, paesetto vicino a Capua; e la donò al re, che la collocò nel suo museo a Portici. Io ammetterei volentieri la detta spiegazione di quelli scrittori, se da tante altre lapidi, e documenti antichi non si rilevasse con più sicurezza, che quelle parole erano generiche, e quasi una formola solita, e solenne, per dire, che le statue erano state levate da luoghi poco frequentati, e quasi nascosti e occulti, per essere trasportate in luoghi più vistosi, e nobili, ove servissero d’ornamento; come bene aveva già osservato il canonico, poi monsignor, De Vita Thes. Antiq. Benev. Tom. I. dissert. 10. pag. 280., ove riporta una iscrizione dei tempi di Teodosio colla stessa frase, e un’altra ne dà nella serie delle iscrizioni Beneventane in fine del Tomo pag. XXVI. n. 9., in cui li legge: SATRIVS CRESCENS V. C. CVR. R. P. BN. EX LOCIS ABDITIS VSVI ADQVE SPLENDORI THERMARVM DEDIT. Molto più rende certa la cosa una legge emanata nell’anno 65. dagl’imperatori Valentiniano e Valente, registrata nel Codice Teodosiano l. 15. tit. De oper. publ. leg. 14., in cui vien proibito appunto di torsi dai piccoli paesi, e come diremmo, fuor di mano, abdita oppida, le statue col pretesto d’ornarne le metropoli, e le città più distinte, in conseguenza di un’altra legge pubblicata nell’anno 565. dall’imperator Giuliano l’apostata per proibire, che le statue, e colonne non fossero trasportate da una provincia all’altra, e registrata nel Codice di Giustiniano tit. De ædif. priv. l. 7.: Præsumptionem judicum ulterius prohibemus qui in eversionem abdicorum oppidorum Pecropolis (o come legge Gottofredo, Metropoles), vel splendidissimas civitates ornare se fingunt, transferendorum signorum, vel marmorum, vel columnarum materias requirentes. Qui è chiaro, che non si parla di luoghi sotterrati, nè delle città in questione; come non ne parla Cicerone, che visse prima, e usò la stessa espressione in Verr. act. 2. lib. 1. cap. 3.: Simulacra deorum, quæ non modo ex suis templis ablata sunt, sed etiam jacent in tenebris ab isto retrusa, acque abdita, consistere ejus animum sine furore, atque amentia non sinunt. Corrisponde alla frase ex obscuro loco, usata in altra lapida presso Fabretti cap. 7. n. 499. pag. 334. L’iscrizione, di cui si tratta, è del tenore seguente come la porta Martorelli:
SIGNA TRANSLATA EX ABDITIS
LOCIS AD CELEBRITATEM
THERMARVM SEVERIANARVM
AVDENTIVS SAEMILANVS V. C CON
CAMP. CONST1TVIT DEDICARIQVE PRECEPIT
CVRANTE T. ANNONIO CHRYSANTIO V. P.
La riporta anche Mazochi Amphith. Camp. in eddit. pag.170. copiata da Fabretti; e si l’uno che l’altro legge celeritatem malamente in vece di celebritatem, come è sul marmo.