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stagnaccio, segno è che quelli hanno patito dall’umidità sotterranea, e che sono infradiciati. Ho osservato, che in quel volume, che si sta attualmente sciogliendo, s’era insinuata una vena di terra nera, introdottavi verisimilmente dall’umido. La materia de’ volumi è papiro egizio, infinitamente tenero e sottile, da’ Greci chiamato δέλτος1, e per la sua sottigliezza non è scritto, che da una parte. Si sono conservati volumi intieri di papiro in diverse librerie; e alla Vaticana, e nell’archivio de’ Teatini a’ Ss. Apostoli di Napoli ho veduti alcuni fogli di carattere unciale, e corsivo; ma il papiro essendo grosso non pare egizio, ma sembra di quello, che nasceva in altri luoghi, come a Ravenna, secondo che riferisce Plinio2. Tre volumi sono svoltati: il primo tratta di musica, il secondo di retorica, e il terzo


De


  1. V’è chi pretende senza darne ragione, che non sia papiro egizio, ma foglie di canne di giunco incollate le une accanto alle altre. Vedi Seigneux de Correvon Lettr. sur la decouv. ec. Tom. I. lett. 7. pag. 215.
  2. Plinio lib. 16. cap. 37. sect. 70. parla dello scirpo, e suoi varj usi; ma non dice che servisse per iscrivere. Vi è però stato il signor conte Francesco Ginanni, il quale in una dissertazione inserita nei Saggi della Società Ravennate, Tom. I. dissert. 5. p. 136. e segg. diffusamente sostiene, che lo scirpo ravennate abbia servito a quell’effetto; e vuole che ne siano fatti tutti i papiri ancora esistenti in Europa. I di lui argomenti sono, che la maggior parte di questi papiri sono scritti in Ravenna; e che lo scirpo ravennate è buono per fare quella specie di papiro da scrivervi, com’egli ne ha fatta la sperienza. Ma il silenzio di tutti gli dorici amichi, e in ispecie di Cassiodoro, accennato dallo stesso Ginanni, è una forte ragione in contrario. Cassiodoro viveva nel principio del secolo VI. quando il papiro, o scirpo ravennate doveva essere già in uso; ed era segretario di Teodorico re de’ Goti, che appunto in Ravenna aveano la loro residenza. Egli Var. lib. 11. epist. 38. descrive meglio di tutti gli antichi scrittori il papiro, e la maniera di farne la carta da scrivere, dicendo espressamente che veniva dall’Egitto, ove nasceva intorno al nilo. Lo stesso dice lo scrittore della vita di s. Augendio, o Eugendio, che scriveva in Francia nello stesso secolo VI. inoltrato, come osserva il Padre Mabillon De re dipl. lib. 1. cap. 8. n. 7., e Pietro Mauricio, abate Cluniacense, nel suo trattato Contra Judeos, riportato nella Biblioth. Cluniac. col. 1069. seg., e dal Padre Mabillon loc. cit. n. 10., fra le altre materie da scrivervi sopra non nomina altro papiro, che l’orientale, come si vedrà dalle parole, che daremo qui appresso; eppur viveva nel secolo XII. È vero che questi supposti papiri ravennati sono più grossolani di quello, che si crede papiro egizio; ed io posso assicurarlo di un pezzo di papiro, tagliato da quello esistente nella Vaticana, scritto in Ravenna nell’anno 574., con un intiero papiro egizio scritto in greco, l’uno e l’altro conservato nel museo Borgiano a Velletri. Questo, che è venuto da Alessandria, e fu trovato non ha molti anni in un sepolcro con varj altri papiri dai Turchi consumati per fumare alla pippa, è di tessitura alquanto più fina. Ma da ciò non deciderei subito, che quello fosse veramente papiro, o scirpo ravennate. Al più direi che uno è lavorato in Alessandria, l’altro in Italia, o in Roma, ove non si farà fatto tanto bello, adoprandovisi in vece dell’acqua del nilo, un glutine artefatto, come si rileva dallo stesso Plinio lib. 1?. cap. 12. sect. 22. segg., il quale inoltre aggiugne, che dalla stessa pianta se ne cavavano qualità diverse più e meno bianche, e più e meno grosse.