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tai essere l’anfiteatro, e varie conserve d’acqua fabbricate in gran parte di mattoni, ma con tal sapere e gusto, che danno l’idea d’un’arte già vecchia e raffinata. Vi si veggono i mattoni di straordinaria grandezza destinati a servir di catena in certe determinate altezze, ve ne sono di grandi, e bellissimi formati a cuneo per costruzione degli archi1, e son tutti così ben disposti, e da una calce di tal forza e solidità collegati, che il solo scalpello può rompere un muro stato sin qui per secoli insuperabile all’azione dell’acqua e dell’aria, all’urto de’ venti, ed alla indiscrezione degli uomini. Alcuni di quelli muri, e non molto larghi, senza rinforzi, senza contrasti reggevano cupole di sorprendente diametro. L’acqua ha potuto corrompere, e far cadere le cupole, ma i muri son tuttora in piedi senza aver di sorta alcuna stapiombato2. Se tutto questo non è fabbricar con arte per la durata, e pel comodo e vantaggio dell’umanità, o bisognerà rinunziare a tutte quelle idee, che aver dobbiamo dell’Architettura, e supporla un’arte nata unicamente per dilettare il nostr’occhio colle sue vaghezze; o converrà disordinare tutta l’istoria, e distruggere la sua autorità ricevuta sin qui, ed approvata. Né voglio omettere finalmente un’altra osservazione. Se credessi a’ viaggiatori3, nelle vecchie superbe fabbriche d’Egitto veggonsi anche presentemente delle basi, de’ capitelli, de’ membri d’Architettura in tutto simili alle greche proporzioni. Si sforza taluno di spiegarli come aggiunte fatte posteriormente al tempo de’ Romani nel risarcire, ed accomodare dette fabbriche. Potrà questo sostenersi con qualche prova di considerazione? Potranno scoprirsi questi lavori di un genio moderno, e diverso dal tutto dell’opera, che è


anti-


  1. Vide Antiquit. cit. Tab. 67. fig. 2. 3.
  2. ibid. Tab. 44. & 53
  3. Granger Voyag. de l’Egypt. pag. 38. 39. 58.