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ra di fabbricare da’ Greci. I sentimenti di Tucidide non meno che di altri storici di tal nazione sono stati da me esposti nelle dissertazioni Pestane1, ed è inutile ripeterli. La Grecia era affatto incolta, abitava ne’ tugurj, nelle capanne, o nelle case, che dalle capanne poco si distinguevano. Aggiugnerò il sentimento d’Erodoto, e di Flavio Giuseppe, il primo de’ quali parlando della guerra greca a’ tempi di Mardonio ci assicura, che in quelle circostanze si inoltrarono così poco istruiti i Greci, e così mal informati, che non sapevano dov’era Samo2, e lo supponevano ugualmente vicino, che le colonne d’Ercole. Flavio ci narra che i Greci ignoravano l’esistenza de’ Romani, benchè questi già combattessero in Italia, e trionfassero3; e soggiunge che il greco scrittore Eforo era sì mal informato dell’Europa, che prese l’Iberia per una città. Erano per tanto le idee loro così ristrette, che dentro quelle si abbreviava ancora il mondo, se l’estremità occidentale dell’Africa si accollava tanto con un’isola orientale dell’Arcipelago, e se d’una provincia ne formavano una città. In queste circostanze di tempi non aveva certamente la Grecia fissate ancora le arti, nè appreso un metodo ragionato d’Architettura quando voglia credersi a’ citati, e ad altri scrittori di tal nazione; che anzi ne’ posteriori ancora mancavan loro le opere le più necessarie. Strabone ci racconta4, che non avevano nè acquedotti, nè cloache, nè vie lastricate; e Dionigi d’Alicarnasso, benchè grande ammiratore del greco sapere, assegna l’invenzione di tali cose all’industria degl’Italiani5. Ma che diremo del tempo stesso per quest’arte felicissimo, nel quale vivea Pericle? Quello gran Mecenate delle belle arti avea, dice Plutarco6 nella sua


vita,


  1. Dissert. 2. n. 13., dissert. 3. n. 1. & seq.
  2. Herod. lib. 8. cap. 132. pag. 682.
  3. Contra Apionem lib. 1. cap. 12.
  4. Geograph. lib. 5. pag. 360.
  5. Histor. lib. 3, c. 67. Tom. I. pag. 191.
  6. Plutarch. in vita Pericl. oper. Tom. I.