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riscontrarsi quel tanto che già scrissi nella mia opera di Pesto1. Rispetto poi a’ capitelli non lasciai nelle citate dissertazioni Pestane di proporre qualche spiegazione, forse non disprezzabile, per intenderne l’origine, e specialmente per riguardo all’abaco molto largo, usato per dar un sostegno agli architravi, e diminuirne la tratta, come osservasi in Pesto2. Che se poi si hanno di mira i suoi ornamenti, sono ben stravaganti le ragioni, che da alcuni si portano per renderci persuasi del perchè nel metodo jonico fossero, come accennai, una imitazione delle trecce feminili, che raccolte e attorcigliate a guisa delle corna del caprone si raccoglievano sotto le orecchie. Mostrerei di non capir le stravaganze del pensar donnesco, se riputassi cosa incredibile, che le signore della Jonia. fossero di sì cattivo gusto da comparire con tale sconcia pettinatura, quando abbiamo vedute le nostre in questo secolo calare e attortigliarsi i capelli per mostrare che le portavano sulla fronte. Dirò solo parermi strano, che i saggi architetti della Grecia non avessero oggetto o più bello o più adattato per ideare un ornamento nella sommità della colonna senza aver ricorso ad uno così stravagante; e lo stesso dirò del cesto, attorno al quale nacque l’acanto. Mancavano in tante piante, in tanti fiori, oggetti meno belli per far scherzare delle frondi sotto un abaco, o sotto un architrave? Il fatto si è però, che il metter sotto l’abaco o fogliami, o altri sostegni da principio non fu tanto un ornamento, quanto un rinforzo, che davasi all’abaco stesso, destinato come si disse a fortificar l’architrave. Ma chechè di ciò si voglia pensare, quelle invenzioni son più antiche degli ordini greci, e si praticavano quando in Grecia non ancora si sapeva tener in mano lo scalpello.


§. 39. Noi


  1. Dissert. 4. n. 1l. 12. 13. & seq.
  2. ibid n. 22.