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note le antichissime costruzioni delle piramidi, del laberinto, e di più tempj, e le quali opere non erano formate che di spaventosi massi di pietra, che posti l’uno sopra l’altro, senza calce, o legamento alcuno, s’incatenavano a vicenda, e col peso loro fermati promettevano una stabiltà, e durata perpetua, come si disse, e come infatti l’hanno sin qui ottenuta. Se di quelle insigni fabbriche ne cerchiamo l’età, la troveremo remotissima. Quelle di Sesostri, delle quali parla diffusamente Diodoro al libro primo della sua storia, risalgono quali a dieci secoli avanti l’era cristiana. Dopo qualche tempo da Mendes fu fatto il laberinto, secondo il citato Diodoro1; ma Plinio2 lo vuol dell’età di Titoe. Questo secondo tempo confondesi con quello de’ Semidei3, val a dire con uno per la sua antichità del tutto sconosciuto. Che se pure si volesse degli anni di Sesostri, farebbe anteriore ad Omero; epoca, che non perderemo di vista per quello che siamo per dire. Le fabbriche di Venefes vantano parimente una somma antichità, come narra Africano, seguitato da Sincello4, e da Eusebio, e tale che ci troveremo ad un tempo anteriore alla rovina di Troja: ma la più rinomata piramide l’inalzò Sufis, come dice lo stesso Sincello5, e della quale parla anche Erodoto6; e Sufis era contemporaneo d’Abramo7. Quello, che non può mettersi in dubbio si è, che avanti la partenza degli Ebrei dall’Egitto, erano quivi fabbriche, e tempj. Artapano, i di cui frammenti si leggono in Eusebio8, dice, che questi tempj caddero la notte stessa della liberazione d’Israello. Nulla finalmente possiamo avere nella storia di più sicuro, quanto sono le notizie, che ricavansi dalla testimonian-


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  1. lib. 1. §. 61. pag. 71.
  2. lib. 36. cap. 13. sect. 19. §. 1.
  3. Marsh. Can. Chron. pag. 11.
  4. Syncell. Chronograph. pag. 55.
  5. loc. cit. pag. 56. 57.
  6. lib. 2. cap. 124. pag. 163.
  7. Marsh. Can. Chron. pag. 18.
  8. De præpar. evang. lib. 9. c. 27. p. 436.