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cornice intersecava la parte superiore della porta, la quale secondo le regole dell’Architettura, doveva avere tre quinti dell’altezza della camera; e in tal maniera la camera era come divisa tutto intorno in due parti. La parte superiore, la quale serviva come di fregio alla parte di sotto, era a quella come due a tre. Lo spazio sotto e sopra la cornice era diviso in ripartimenti, o riquadri, i quali erano più alti che larghi; ed aveano d’ordinario la larghezza della porta, che veniva a formarne da se stessa uno. Questi erano incorniciati di listelli di diversi colori, e fra di essi ve ne erano degli altri più piccoli, rotondi, o quadrati, in cui si dipingeva una figura, o un paesino. Al di sopra della cornice vi era la stessa divisione, in modo però che le riquadrature erano più larghe che lunghe; e vi si dipingeano similmente paesini, vedute di mare, e cose simili1.

§. 25. Un muro d’una camera ripartito, e decorato in quella maniera si osserva nella galleria delle pitture antiche a Portici, ed è lungo più di venti palmi, e largo quattordici. Ha, come si è detto, dei riquadri sopra, e sotto la cornice, la quale è guarnita di fogliami. Dei tre ripartimenti di sotto, quel di mezzo è più largo che quello dei lati, il primo de’ quali ha intorno una fascia di color gial-


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  1. Era forse dipinta a questo modo la parte della casa, o dell’Oeco descritto da Luciano De domo, §. 9. oper. Tom. iiI. pag. 195., dicendo che le pitture delle mura per la bellezza dei colori, e per la naturalezza delle cose rappresentatevi, potevano paragonarsi ad un prato fiorito, e all’aspetto di una ridente primavera: ornatum vero reliquum, & picturas parietum, & colorum pulchritudinem, & evidentiam uniuscujusque, accurationemque, & veritatem, aspectui veris, & prato florido comparare relictum fuerit. V’erano anche delle pitture di soggetti mitologici, e tra le altre Luciano parla di una nel §. 23. pag. 203., il soggetto della quale egli lo credea cavato da Euripide, o Sofocle; al §. 31. pag. 207. di altra,in cui si rappresentava Medea, che colla spada sguainata, e con occhio truce guardava i figli, i quali sedendo per terra sorrideano a lei: della quale pittura voleva probabilmente parlare Winkelmann nel Tom. I. p. 339.; ma Luciano non la dice opera di Timomaco. Lo stesso Winkelmann nel Tom. iI. Lib. VII. Cap. iI. tratta a lungo del meccanismo di quelle pitture sul muro. Si facevano sulla calcina ancor umida, o sul muro già secco. Si dipingevano pure all’encausto, come ivi, pag. 78. seg. notano gli Editori Milanesi; e principalmente vi si dipingevano le porte, rappresentandovi diversi soggetti, come si ricava dall’epigramma di Ausonio citato alla detta pag. 79. Intorno a quella pittura all’encausto, e alle altre maniere di dipingere dei Greci, e dei Romani, può anche vedersi l’opera, che ultimamente vi ha scritta il sig. abate Requeno.