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sull’Architettura degli Antichi. 89

§. 5. Gli stipiti delle porte grandi e piccole erano lavorati a modo di semplici festoni di fiori, e di foglie, come si vede al tempio di Balbec1; e si hanno anche in Roma parecchie porte consimili2. Cariche ne erano allo stesso modo le colonne. La base intiera con tutte le sue parti era circondata di festoni; e può vedersene l’esempio nelle basi delle colonne di porfido del così detto Battistero di Costantino in questa città3, e in altra base di straordinaria grandezza nella chiesa di s. Paolo fuor delle mura4, la quale ha nove palmi di diametro. Nello stesso modo erano scolpite quelle, che a’ dì nostri furono scoperte sul Palatino5. Si cominciò parimente a dare alle colonne dei bastoncelli nelle scanalature, che arrivano sino alla terza parte del fusto: s’interruppero quei bastoncelli piatti fra le scanalature, dividendoli in tre, ed anche in cinque parti, o più piccoli bastoncelli. In appretto fu data alle scanalature una forma spirale, o torta6, per cui le colonne si chiamarono εἱληματικοί κίονες volutiles columnæ7. Le più grandi colonne antiche di questa

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    ha di nuovo alterato a suo capriccio: in vece di un Amorino vi ha posto un fanciullo spaventato da un leone, che sembra uscire da’ fogliami. Il fregio del pezzo, che esiste tuttora colla cornice, non ha altro ornato che tre gran tratti di fogliami. Le due parti inferiori di quell’intavolato, cioè l’architrave, ossia la parte, che posa sulle colonne, ed il fregio, che ha sopra, amendue d’un sol pezzo, hanno in tutto tredici palmi, e quattr’once di altezza; e tutto il pezzo è lungo palmi ventidue, e quattr’once: l’altro pezzo, vale a dire una parte della cornice dell’intavolato, sulla quale comincia il frontone lavorato d’uno stesso pezzo, ha presso a poco la stessa lunghezza, ed altezza.

  1. Pocock’s Desciption of the East. ec. Tom. iI. par. 1. p. 109. Wood The Ruins of Balbec, pl. 32.
  2. Probabilmente si è fatto alle porte questo lavoro di scultura, perchè anticamente si usava di ornarle così di frondi di lauro, e altre piante in varie occasioni principalmente di allegrezza; come si ha da Stazio Sylv. lib. 4. cap. 8. vers. 38., Elladio presso Fozio cod. CCLXXIX. col. 1591. in fine, Tertulliano Apolog. c. 35., ed ivi il P. de la Cerda, e da tanti altri autori citati dal Sagittario De jan. vet. cap. 30., Donati De’ dittici degli ant. lib. 3. cap. 1. pag. 173. segg. Secondo lo Scoliaste d’Aristofane in Equit. vers. 725. ai rami d’ulivo, ed altri, che si attaccavano così alle porte in occasione di certe feste, si appendevano delle bende di lana. Vedi anche ivi la nota del Casaubono.
  3. Pallad. Archit. l. 4. cap. 16. [ Piranesi Della magnif. de’ Rom. Tav. 9.
  4. Piranesi loc. cit.
  5. Bianchini Palazzo de’ Cesari, Tav. 3.
  6. Vedi Tom. iI. pag. 336.
  7. Salmas. Not. in Vopisc. pag. 393. F. [ Anastasio nella vita di Papa Gregorio III. sect. 194. Tom. I. pag. 176. le chiama volubiles columnæ, secondo la lezione dell’edizione romana fatta da monsignor Bianchini, il quale non ha rilevato, come neppure i tanti altri annotatori, che Salmasio luc. cit. vuol che vi si legga volutiles, come in fatti leggesi in varj codici, che riporta ivi lo stesso Bianchini.