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presso i Greci, e loro Pittura. 51

esistente nella villa Albani e non ancor pubblicata, in cui si fa menzione dell’arte d’indorar le monete.

D               M


FECIT MINDIA HELPIS. C. IVLIO. THALLo
MARITO. SVO BENE MERENTI QVI EGIT
OFFICINAS PLVMBARIAS. TRASTIBERINA
ET TRIGARI SVPERPOSITO AVRI MONETAE
NVMVLARIORVM. QVI VIXIT ANN. XXXIIIMVI
ET. C. IVLIO THALLO FILIO DVLCISSIMO QVI VIXIT
MESESIIII. DIES XI ET SIBI POSTERISQVE SVIS1.

    rate. E siccome tante se ne ritrovano, io non le direi con tal sicurezza falsificate dagli antichi; giacchè l’inganno si poteva scoprire facilmente; ma crederei piuttosto, che ciò fosse fatto per giuste ragioni, e forse nella zecca stessa per esser date in regalo a persone cospicue; oppure, che i particolari se le facessero indorare per la loro bellezza, e per conservarsele, come pensa il Buonarruoti l. c. Tav. 30.pag. 373.

  1. Ho ridotta cosi questa lapide alla sua vera lezione, come era stata anche riportata nel Giornale de’ Letterati, Tom. VI. p. 258. anno 1772. Non vi si parla punto dell’arte d’indorate; ma soltanto di un Cajo Giulio Tallo, che fu padrone, o direttore, e soprastante (come può spiegarsi in amendue i sensi, quell’egit officinas) a due botteghe, ove si lavorava il piombo, situate una nella regione di Trastevere, e l’altra nella regione IX. in quella parte, che si chiamava Trigario; e in seguito, oppure nello stesso tempo, anche direttore di coloro, che lavoravano le monete d’oro. Credo che ognuno possa essere facilmente persuaso, che questo ne è il vero senso; onde non mi estenderò di più a ripeterne le prove, che darà altrove in una lunga esposizione il più volte lodato signor abate Gaetano Marini assai vantaggiosamente noto anche per le sue molte erudizioni nella materia riguardante la lapidaria. Il ch. Autore della Istit. antiquario-numism. avendo trascritta quella iscrizione alla pag. 39. come qui la riportava Winkelmann, vi ha per conseguenza ripetuti i medesimi errori.



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