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424 Storia delle Arti del Disegno

Fidia, la bella Venere di Gnido lavoro di Prassitele, la statua dell’Occasione, e la Giunone di Samo, opere di Lisippo1. Tutti quelli gran lavori perirono probabilmente nel saccheggio della città sotto Balduino a principio del secolo decimoterzo, allorchè si fusero per farne moneta tutte le statue di bronzo2, fra le quali uno scrittor di que’ tem-


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  1. Cedren. Compend. histor. pag. 22. [ Dal discorso di questo scrittore si raccoglie, che ve le avesse fatte trasportare l’imperator Teodosio il Grande. Questo è stato, fra gl’imperatori greci, il più portato per le arti del disegno; e racconta Temistio Orat. 18. p. 223. A., che per le gran fabbriche da lui fatte alzate, e adornare, la città di Costantinopoli era piena d’ogni sorta d’artisti. Anche Giustiniano fece alzare moltissime grandi fabbriche, delle quali parla Procopio in un’opera intiera, De Ædificiis Justiniani. La chiesa di s. Sofia in quella città da lui riedificata, viene descritta come cosa portentosa da Paolo Silenziario scrittor contemporaneo; e Pietro Belon Observat. des plus. singular. ec. liv. I. chap. 83. pag. 74. la descrive come la più bella fabbrica dell’antichità esistente ancora a’ suoi tempi, cioè al principio del secolo XVI.; e dice, che il Panteon d’Agrippa non fa più maraviglia a chi ha veduta quella gran macchina. I Turchi ne hanno fatto una moschea. Giustiniano prima di abbattere l’antico tempio, ne fece togliere le statue, che v’erano dentro, come si è detto qui avanti alla pag. 414., e le distribuì per la città, secondo che narrano gli scrittori, che ivi ho citati nella nota a., copiandosi l’un l’altro; e se poniamo prestar fede a Codino, ultimo di essi, non poche ve n’erano puranche al tempo, in cui egli scriveva, cioè alla metà del secolo XV., come crede il Fabricio Bibl. græca, Tom. VI. l. 5. c. 5. p.476.; e quelle in bronzo, se ve n’erano, come è credibile, saranno state rifparmiate nel devastamento generale, che ne fu fatto nei tempi, de’ quali si parla da Winkelmann in questa pagina.
  2. Avvi ragion di dubitare se tutte le accennate opere esistessero non che al principio del terzodecimo secolo, ma nell’undecimo, in cui probabilmente vivea Cedreno. Volendo questi pag. 322. indicare la statua di Costantino e quella di sua madre, siccome le altre due statue equestri di Trajano e d’Adriano imperatori, usa il tempo presente sunt; ma passando poi a descrivere quel sito di Costantinopoli denominato Lauso, e le statue che l’adornavano, la Pallade, la Venere, il Giove Olimpico ec., fa uso del tempo imperfetto stabat ἵστατο: con che ha egli voluto dire probabilmente che esse vi furono bensì una volta, ma a’ tempi suoi non v’erano più. Deesi nondimeno tra queste eccettuare la Pallade di Lindo, che da Cedreno rammentasi in seguito p. 323., come ancora esistente in una. piazza di Costantinopoli con un’altra statua d’Anfitrite, che sulle tempie avea le branche d’un granchio. [ Non v’è bisogno di congetture per sapere il fine di tante statue, quando lo stesso Cedreno pag. 351. D. scrive chiaramente, che perirono tutte in un incendio col palazzo Lausiaco, ove erano siate poste da Teodosio, come ho detto nella nota precedente; e ciò verso l’anno 475. sotto l’impero di Basilisco. A Cedreno si accorda Zonara Annal. lib. 14. pag. 52. segg., e vi comprende anche la detta Pallade di Lindo. Siamo indi quasi sicuri, che la testa della Venere conservata a Madrid, la quale per la sua bellezza potrebbe credersi l’originale, come si è notato qui avanti alla pag. 200. col. 2., altro non sia realmente, che una copia; e con molto maggior fondamento, oltre ciò che si è osservato nel Tom. I. pag. 316. not. c., potremo afferire, che la Venere de’ Medici non sia quella di Prassitele. Io mi maraviglio come di tanti scrittori, che hanno parlato del destino di questa Venere, niuno abbia veduti, o citati almeno i detti due greci annalisti; e che i più moderni, tra i quali il signor Dutens Orig. des decouv. ec. Tom. iI. par. iiI. chap. 11. §. 280. pag. 230., Cameron Descriptìon des bains des Romains, ec. pag. l6., si siano contentati di ripetere ciò che dice qui Winkelmann. Solo il Bandurio, per quanto io sappia, Imper. oricnc. sive Antiq. Constantinop. Tom. iI. lib. 1. pag. 487. avverte coll’autorità di Cedreno, che essa perì in quell’incendio; ma poi dimenticatosene, nel lib. 7. pag. 846. scrive, che fu trasportata in seguito a Firenze. Teofilo Sigeberto Bayero, che ha fatta una dissertazione sulla statua di Prassitele, e sua storia, ove poteva aspettarsene una piena notizia, non altro fa che confutare questo scrittore con due medaglioni battuti a Gnido, ne’ quali è rappresentata la Venere ivi cclebratissima in atteggiamento ben diverso da