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34 Meccanismo della Scultura

le parti con de’ chiodi: così fu lavorato il Giove a Sparta da’ Learco di Reggio della scuola di Dipeno e Scilli1.

§. 5. Questo più facil metodo di formare le statue si conservò anche ne’ tempi posteriori, come appare da sei figure muliebri di grandezza naturale e meno nel museo d’Ercolano, nelle quali non solo attaccate sono le teste, le mani, e i piedi, ma nemmeno d’un pezzo solo è il corpo; e tutt’i pezzi sono innestati fra di loro cogl’incastri fatti in questa forma che noi chiamiamo a coda di rondine. Il breve manto delle accennate figure, composto di due pezzi, uno dinanzi e l’altro di dietro, vien in tal maniera unito insieme sulle spalle, ove rappresentasi abbottonato.

§. 6. Con questo metodo gli antichi si esimevano dal pericolo delle fusioni fallate, o mancanti, che troppo difficilmente si evitano ne’ getti delle intere statue, principalmente su alcune parti2. Quando pur questi falli accadevano, vi si apportava il riparo con un rappezzamento, di cui vedonsi le tracce ne’ mentovati cavalli di Venezia, ove i pezzi mancanti sono attaccati con de’ chiodi, come si può vedere dalle medesime figure in rame che ne abbiamo3. Io pos-

  1. Paus. lib. 3. cap. 17. pag. 251. in fine.
  2. Gli antichi, per quanto scrive Filone di Bisanzio De septem orb. spect. cap. 5. p. 13. non facevano statua alcuna, intendendo di grandi, tutta d’un sol getto; ma le facevano a pezzi membro per membro, unendoli poi insieme a norma del modello, che ne avevano fatto da principio: Simulacra artifices primum fingunt, deinde in membra divisa constant, tandem omnia recte composita erigunt. Ma non dice come unissero le parti, se per mezzo di chiodi, o di saldatura. Il colosso famoso di Rodi fu fatto anche a pezzi, ma in altro modo; cioè, come seguita a dire Filone, prima si gettava una parte, cominciando dalle gambe, la quale poi si circondava tutta di terra, e sopra vi si gettava l’altra; e così di mano in mano. Dal che pare che possiamo arguire, come osserva Guasco De l’Usage des stat. l. par. ch. XIV pag. 159., che gli antichi sapessero unire il getto freddo al caldo; come fra i moderni fu praticato dal le Moine nella statua equestre gettata in Bourdeaux, a cui fece la metà superiore con un secondo getto per riparare al primo fallato.
  3. Si veda anche per esempio la Tav. V. del Tomo antecedente di questa Storia. Quel taglio, che dal mento scende fino alle spalle della figura, indica, che essa fu rotta in quel luogo, o era vicina a rompersi; e da tempo antichissimo fu assodata con un perno della stessa materia sotto al mento, che si vede indicato anche nella detta Tavola. Nelle altre figure in bronzo, che ho veduto, e specialmente in una mezza gamba di cavallo grande quasi al naturale, i molti falli, che v’erano flati, si vedono rappezzati con de’ piccoli pezzi quadrilunghi dello stesso metallo, perfettamente saldati, per quanto mi pare, collo stesso metallo, come ora diremo, che facevano gli antichi.

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