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presso i Greci, e loro Pittura. 27

tormentò; del che avvedutisi i Centauri voleano ucciderlo, ed uno di questi è in atto di gettarli addosso un gran sasso; ma Chirone lo desto e salvò, come in quella gemma lo salva Psiche, con cui si volle indicare la di lui vita salvata1. Quella gemma si vedrà nella terza parte de’ miei Monumenti antichi inediti.

§. 37. Che gli antichi pei lavori in gemme adoperassero delle lenti che ingrandissero gli oggetti è molto verosimile, sebbene non ne abbiamo nessuna prova diretta2. Chi sa che questa utile anzi necessaria invenzione non siali ne’ tempi oscuri perduta come molte altre, quale, a cagion d’esempio, è quella del pendolo? Ne’ tempi di mezzo serviansi di quello gli Arabi per misurare il tempo colle uguali sue oscil-


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  1. Apollod. lib. 3. cap. 12. §. 3., Schol. Pind. Nemes. 4. vers. 95. [ Chirone salvò Peleo dopo che si era destato, ed era stato assalito dai Centauri.
  2. Non è stato il solo Winkelmann fra i moderni autori, il quale abbia creduto noto agli antichi l’uso degli occhiali per ingrandire e rischiarare l’oggetto. Molti sostenitori di tale opinione novera il ch. Domenicomaria Manni Rag. 1. degli Occhiali, Tom. IV. Racc. d’Opusc. scient. Da un passo di Plinio lib. 7. cap. 53. sect. 54. mal inteso, e da un supposto verso di Plauto furono essi tratti in errore, e nello stesso vieppiù confermati da un’antica iscrizione mal interpretata, nella quale fassi menzione di certo Patroclo fabbro oculariario presso Aldo Manuzio, Reinesio, Grutero, ec. Quel tanto, a cui arrivò l’industria degli antichi, si fu di adoperare un vaso di vetro ripieno di limpid’acqua, pila detto da Seneca Quæst. nat. lib. 1. c. 6.; il qual vaso collocavasi fra ’l lume e gli oggetti per rischiararli ed ingrandirli; maniera che presso alcuni artigiani suol praticarsi anche a’ dì nostri. Volendoci noi attenere a’ documenti recati dal signor Manni Rag. 2. ibid., contro i quali nulla oppor si può di ragionevole, riconoscer dobbiamo l’invenzione degli occhiali uscita da Firenze, città, ove forse maggiore ne era il bisogno; e l’inventor di essi Salvino d’Armato degli Armati sulla fine del secolo XIII. Tal gloria gli viene attribuita non solo da alcuni scrittori vicini a que’ tempi, ma dal medesimo suo epitafio, che una volta vedeasi nella chiesa di s. Maria Maggiore di Firenze, dal quale pur ai rileva esser egli morto nel 1317. Se pel ritrovamento degli occhiali somma lode si è acquistato l’Armati, non minore al certo si deve a P. Alessandro Spina dell’Ordine de’ Predicatori, suo contemporaneo. V. Redi Lett. Tomo I. oper. Tom. IV. pag. 67. Questi al solo vederli, da per sé stesso, trovò la maniera di lavorarli, insegnandola ancora liberalmente a chi avesse voluto approfittarsene: motivo per cui divennero quelli in breve tempo noti e comuni ad altre nazioni. [ Avanti di Salvino d’Armato degli Armati parlò delle lenti, e degli occhiali, Rogerio Bacone de’ Frati Minori inglese di nazione nella sua opera, che viene intitolata Opus majus, distinct. penult. cap. ult. p. 352.; anzi, come bene osserva anche il P. Becchetti Contin. dell’istor. ecclesiast. ec. Tom. XV. lib. LXXV. §. XLVI., si suppone già inventati da altri. Ecco le di lui parole: Si homo aspiciat literas, & alias res minutas per medium crystalli, vel vitri, vel alterius perspicui suppositi literis, & sit ponto minor sphæræ, cujus convexitas sit versus oculum, & oculus sit in aere, longe melius videbit literas, & apparebunt ei majores. Nam secundum veritatem canonis quinti de sphærico (o come in altro codice perspicuo) medio, infra quod est res vel citra ejus centrum, & cujus convexitas est versus oculum, omnia concordane ad magnitudinem, quia angulus major est, sub quo videtur, & imago est major, & locus imaginis est propinquior, quia res est inter oculum, & centrum, & ideo hoc instrumen-