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314 S t o r i a   dell’A r t e   greca

zate a più ripiani, sostenute da molte colonne, ed estese con lungo ordine di camere che magnificamente si ornavano, necessariamente esser vi doveano in Roma parecchie centinaja d’artisti d’ogni maniera. Quindi s’intende come la casa di Clodio costar potesse quattordici milioni e ottocento mila sesterzj1.

[... principalmente sotto Giulio Cesare.]

§. 10. Uno de’ più magnifici fra i cittadini romani fu Giulio Cesare, quanto avido della pompa, altrettanto amante delle arti. Ei fece grandi collezioni di gemme incise, di figure in avorio e in bronzo, e di quadri d’antichi pittori2, e impiegò al tempo stesso gli artisti allora viventi per formare i gran monumenti che eresse nel secondo suo consolato. Edificar fece in Roma il magnifico suo foro, e sontuosissime fabbriche elevò a proprie spese per l’Italia tutta, nelle Gallie, nelle Spagne, e nella Grecia medesima3. Fra le colonie destinate a ripopolare le abbandonate città, e a ri-


far


  1. ibid §. 2. [370000. scudi romani.
  2. Suetonio nella di lui vita, cap. 47.
  3. Avremmo un bel monumento, e che ci darebbe un’idea più vantaggiosa dell’arte a questi tempi, se potessimo credere, che la celebre statua della galleria Granducale a Firenze, detta volgarmente l’Arrotino, perchè rappresenta un uomo, che inginocchiato per terra sta in atto di arrotare un coltello sopra una cote, fosse stata eretta al babiere di Giulio Cesare, per avere scoperta la congiura ordita contro di lui da Achilla, e Potino, di cui parla Plutarco nella vita di quell’imperatore, p. 731 B. op. Tom. I. Pare che a quella opinione inclini il signor Lanzi nella tante volte citata descrizione di quella galleria, cap. 14. pag. 174. Ma supposto che a costui fosse fatta alzare una statua dal suo padrone, o in Alessandria, ove accadde il fatto, o in Roma, io non crederò mai che fosse quella, non permettendolo lo stile della scultura che è di migliori tempi, e non sapendovi trovare il minimo indizio che possa alludere a quel fatto, o alla persona del barbiere. La figura coi mustacci, e qualche fiocchetto di barba, qui deve indicare un barbaro di nazione, e di costumi; il solo panno gettato trascuratamente sul destro omero è proprio d’uomo, che vuol essere spedito per accingersi a qualche operazione; e l’aria severa, e truce del volto è d’un manigoldo. Come possono convenire tali cose al barbiere d’un principe romano? Se al dir di Plutarco egli scoprì quella congiura in occasione di un pubblico convito, al quale era presente, e forse ministrava, esplorando ciò che si diceva da questo, e da quello, che convenienza vi farebbe stata di rappresentarlo nella espressione anzidetta, inginocchiato per terra in atto di arrotare un coltello?
    Io non so dipartirmi dall’opinione di Lionardo Agostini, riportata da Gronovio Thesaur. antiq. gréæc. Tom. iI. Tab. 86., e seguita da Winkelmann nei Mon. ant. ined. Par. I. cap. 17. n. 42. pag. 50., di riconoscervi cioè quello Scita, cui Apollo ordinò di scorticar Marsia, e che apartenesse ad un gruppo; giacché dalle varie statue, che si hanno di Marsia appeso all’albero, una delle quali è in villa Medici, due in villa Albani, possiamo arguire, che un tal gruppo fosse ripetuto, e molto celebre. In tale atteggiamento, ma però vestito, si vede quello barbaro nel bassorilievo, che illustra Winkehnann al luogo citato, e in un altro espresso nella parte laterale di un sarcofago collocato sotto il portico della chiesa di s. Paolo fuor delle mura. La mossa della testa, che il signor Lanzi crede atteggiata a timore, è propria d’un esploratore, e quella di guardar Marsia in un’aria mista quasi di piacere, e di barbata fierezza,