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da Alessandro il Grande ec. 295

abuso crebbe molto sotto gl’imperatori, ed Erode fece edificare in Cesarea ad Augusto un tempio, in cui eravi la di lui statua simile per la forma e per la grandezza al Giove Olimpico, e la statua della dea Roma somiglievole alla Giunone d’Argo1.

§. 29. Talora però i Romani stessi portati dall’amore per la Grecia pensarono ad ergersi de’ monumenti di gloria, facendo colà costruire a proprie spese delle magnifiche fabbriche. Così fra gli altri Appio, padre del famoso Clodio, fece edificare un portico ad Eleusi2; e par che Cicerone scriva seriamente ad Attico di voler far elevare un nuovo portale nell’Accademia presso Atene3.

§. 30. Sembra che una simil ventura abbia avuta l’arte a Siracusa, anche dopo l’ultimo saccheggio, ed esser certamente dovea colà buon numero d’abili artisti; poiché Verre, che raccoglieva in tutt’i luoghi i migliori monumenti dell’arte4, fece principalmente a Siracusa lavorar de’ vasi, aven-


do


  1. Jof. De bell. jud. lib. I. cap. 21. §. 7.
  2. Ma però Appio, altro di lui figlio, col pretesto di ornare i giuochi che dar dovea in occasione della sua edilità, tolse dai tempj, e luoghi pubblici della Grecia e delle isole circonvicine quanto vi era restato di statue, di quadri, e d’altri ornamenti, che poi collocò in sua casa. Cosi riferisce Cicerone Pro domo sua, cap. 43. esagerando un poco, poichè è certo, che moltissimi antichi monumenti rimasero in quelle parti anche nei secoli appresso. Vegg. al Libro XI. Capo iiI. §. 17.
  3. lib. 6. ep. 1. ad fin. & ep. 6.
  4. Quante belle opere dell’arte avesse raccolto Verre nella sua pinacoteca, ossia galleria, frutto delle sue rapine, apprendesi da varj luoghi delle orazioni pronunziate contro di lui da Cicerone, dette perciò Verrine, d’onde il signor abate Fraguier ha tratta la materia per una dissertazione intitolata la Galleria di Verre inserita nelle Memorie dell’Accademia delle iscrizioni di Parigi Tomo VI. L’oro, l’argento, lavorio, i diamanti, le perle, e le suppellettili preziose di cui era adorno il suo palazzo, lo renderono il più ricco e sontuoso di quanti fossero allora in Roma, ove il lusso era portato all’eccesso. La parte però più sorprendente del palazzo era la galleria, che a ragione dir poteasi un impareggiabile tesoro per le statue e pei quadri de’ migliori maestri, e per altri eccellenti lavori che vi si ammiravano. Tra le rarità ivi da Verre adunate Cicerone in Verr. act. 2. lib. 4. novera una bella Diana di bronzo rapita da lui ai Segestini, statua che era già stata preda dei Cartaginesi, e poi restituita ai Segestini da Scipione l’Africano; due statue di Cerere d’un lavoro finissimo, trasportate l’una da Catania, l’altra da Enna, dove erano tenute in somma venerazione; un Mercurio, signum magnæ pecuniæ, spettante una volta ai Tindaritani; un Apollo ed un Ercole del famoso Mirone, posseduti pria dagli Agrigentini; un altr’Ercole dello stesso artista, ch’ebbe Verre da Messina, d’ond’ebbe pure un Cupido, opera pregiatissima di Prassitele. Pl. l. 36. c. 5. sect. 4. §. 5. La raccolta però, ossia lo spoglio maggiore di tali preziosità, fecesi da Verre in Siracusa, la quale durante il governo di lui perdette più statue che non uomini nella fatale sconfitta, che i suoi cittadini ebbero da Marcello. Cosi si esprime Cicerone, ma quella è