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da Alessandro il Grande ec. 259

gerli, e indurli ad eseguire ogni suo cenno e volere, che essi in un anno gli eressero trecensessanta statue di bronzo1, e parecchie di esse erano fu un cocchio o a cavallo; dal che si deve inferire che vi fossero in Atene molti ricchi cittadini, e copia grande d’artefici.

[Demetrio Poliorcete] §. 4. Durò tal governo sino a Demetrio Poliorcete, figliuolo d’Antioco re di Siria, che vinse Cassandro, e conquistò la Macedonia, nella di cui rovina ebbe a soffrire anche Atene. Questa città si trovò per tanto soggetta a quel vincitore fortunato, e ’l governatore se ne fuggì in Egitto, ove trovò ricovero presso il primo de’ Tolomei. Ciò avvenne nell’olimpiade cxviii. Ebb’egli appena abbandonata Atene, che il popolo incostante ed ingrato tutte le sue statue rovesciò e fuse2, e cancellonne da ogni luogo il nome.

§. 5. Per l’opposto si dimostrarono gli Ateniesi sì propensi a venerare Demetrio Poliorcete, che fu pubblicamente decretato di ergere a lui e ad Antioco suo padre una statua d’oro3; forse sull’esempio della città di Sigeo nel territorio di Troja, che fece un consimile decreto di alzare una statua aurea equestre al medesimo Antioco4. Da questa prodigalità d’oro si può inferire che si cercasse allora nell’arte più l’apparenza che la sostanza; e diffatti, secondo l’osservazione di Plinio, lo stile fiorito de’ Greci non si manifestò se non dopo Alessandro5.

§. 6. Le vili adulazioni degli Ateniesi aveanli renduti dispregevoli agli occhi medesimi di Demetrio, il quale duramente reggeali come meritavano; ma in ciò avendo egli oltre-


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  1. Tante ne conta Plinio lib. 34. cap. 6. sect. 12., e Varrone presso Nonio riportato dall’Arduino al detto luogo di Plinio. Dione Grisistomo Orat. 37. pag. 465. le dice 1500., e Plutarco Reipubl. ger. pæcepta, Op. Tom. iI. 820. F. 300. solamente.
  2. Diogene Laerzio lib. 5. segm. 77. nella di lui vita dice, che ne fu salvata una nella rocca della città.
  3. Diod. Sic. l. 20. §. 46. p. 439. Tom. iI.
  4. Chishull Antiq. as. ad pseph. Sig. p. 52. & 57.
  5. lib. 21. cap. 8. sect. 24. [ Cioè, scrive, che non fossero conosciute ai tempi di Alessandro tutte le diverse qualità dei fiori, perchè non ne parlarono gli scrittori se non che molto dopo la di lui morte; e ciò per rapporto alla storia naturale, non all’arte.