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248 | Storia delle Arti |
[Apelle.] §. 17. Plinio1 riferisce come un tratto glorioso della storia d’Apelle, ch’egli non abbia mai lasciato passar giorno in cui non abbia tirate delle linee per far esercizio: ut non lineam ducendo exerceret artem. Quest’espressione è stata generalmente mal capita. Plinio volle qui dire che Apelle tutt’i giorni difegnava qualche cosa o dal naturale, o dai lavori de’ più antichi maestri; e così deve spiegarsi la voce linea. Altronde darebbeci Plinio una notizia ben insulsa, se intender si volesse della quotidiana occupazione del pittore, poichè diffatti non v’è artista che ogni di non faccia sì poco, quanto è il tirare una linea; e qual lode sarebbegli mai, come ben osservò Bayle, il dire ch’adoperava ogni dì il suo pennello? 2
§. 18. Di Aristide tebano, coevo d’Apelle, scrive Plinio: Is omnium primus animum pinxit, & sensus hominis expressit, quæ vocant Græci ethe: item perturbationes; durior paulo in coloribus. Se la prima proposizione di quello giudizio è vera, bisogna convenire, che non ne è stato ben espresso il senso, e non gli si può dare altra spiegazione che la seguen-
te: |
- ↑ lib. 35. cap. 10. sect. 36. §. 12.
- ↑ Apelle, il più celebrato dalla fama tra tutt’i pittori, non solamente diede lustro alla pittura col suo pennello, ma ancora con tre volumi, che scrisse su i principali precetti di tal arte. Plin. lib. 35. cap. 10 sect. 36. §. 10. Era egli persuaso che la scienza, ossia la teoria dell’arte avesse da andare del pari colla pratica per formare un artista perfetto. Mancando la prima non può esser questi che un imitator servile: in difetto della seconda sterile ed inoperosa rimane la teoria. Quantunque sia riuscito Apelle eccellente in tutte le parti della pittura, non isdegnava però di confessarsi qualche volta inferiore ad altri suoi contemporanei: soltanto nello stile grazioso non voleva riconoscere uguale alcuno, dicendo essere toccata a lui in sorte la grazia. Dipinse molte Veneri, nelle quali ebbe campo di far risplendere sì bella prerogativa del suo pennello: in esse, come pur nelle altre sue pitture, non adoperò che quattro colori, a cui nondimeno dava un maraviglioso risalto con una vernice di sua invenzione. Plin. l. cit. §. 15. 18. Siccome Alessandro non volle esser inciso in pietra che da Pirgotele, nè rappresentato in bronzo che da Lisippo; così non volle essere ritratto nelle tavole che da Apelle, Cic. Epist. ad famil. lib. 5. ep. 12., Plin. lib. 7. cap. 37. sect. 38., Valo. Max. lib. 8. cap. 11. n. 2. in extern. Fece anche il ritratto del re Antigono, e per coprir il difetto della mancanza d’un occhio lo ritrasse in profilo; maniera avanti di lui non praticata da altri, se crediamo a Quintiliano l. 2. c. 13., e a Plinio cit. sect. 36. §. 14. Un maestro nondimeno dì tanto merito era cortese, affabile, sincero, ed imparziale estimatore de’ professori dell’arte, e delle opere loro. Degli emoli suoi, dai quali fu esposto qualche volta a pericolosi cimenti, non fece altra vendetta che con un quadro, ove rappresentò la calunnia, del quale abbiamo un’esatta descrizione da Plinio, che ci ha in oltre conservato varj suoi faceti e spiritosi motti, e varie belle azioni della sua vita.