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232 Storia dell’Arte presso i Greci

xit, & sensus hominis expressit, quae vocant Græci ethe1. Fu questi nella pittura ciò che nell’arte di dire era Lisia, a cui Dionisio2 attribuisce la più perfetta ἠθοποιίαν3.

[Nicia.]

§. 23. Tanta fama di sapere e d’ abilità nell’ arte aveasi acquistata Nicia ateniese che, Prassitele interrogato quali delle proprie opere riputasse le migliori, quelle rispose, delle quali Nicia avea ritoccato e migliorato i modelli. Così almeno intendo questo passo di Plinio: Hic est Nicias, de quo dicebat Praxiteles interrogatus, quæ maxime opera sua probaret in marmoribus: quibus Nicias manum admovisset; tantum circumlitioni ejus tribuebat4. Immagina il mentovato scrittor fiorentino, che qui parlisi di certo pulimento e lustro, che Nicia desse alle statue altrui5, e adduce a questo proposito un passo di Seneca, ove trattasi d’ impellicciatura fatta d’ altro sasso, e di marmi rari, il quale non ha punto che fare al caso no-


stro,


  1. Plin. lib. 35. p. 10. sect. 36. §. 19.
  2. De Lys. jud. n. 8. op. Tom. iI. p. 133.
  3. Ebbe Seusi la sorte di trovar la porta della pittura aperta da Apollodoro, onde incominciò egli la sua carriera dal punto in cui l’altro terminata l’avea. Sdegnato questi per ciò contro lo scolaro che oli avesse surata l’arte, con una satira ne fece la vendetta. Di molte pitture di Seusi rimane tuttora il catalogo presso Plinio lib. 35. c. 9. sect. 36. §. 2. Tra quelle, oltre l’accennata Penelope, merita speciale osservazione la Giunone fatta per gli Agrigentini sul vivo e nudo modello di cinque delle più avvenenti donzelle del paese. Cicerone De invent. lib. 2. princ., Dionisio [ De prisc. script. cens. cap. 1. n. 1. oper. Tom. iI. pag. 122. ], e Valerio Massimo [ l. 3. cap. 7. n. 3. in extern. ] Vogliono essere stata questa un’Elena eseguita da lui pei Crotoniati nella maniera divisata. [ Vedi Tomo I. pag. 285. not. c. ]. Opera pur singolare di Seusi fu l’atleta, di cui egli tanto si compiacque che vi aggiunse un’iscrizione, colla quale dicea che sarebbe stato questo più facilmente un oggetto di critica che d’imitazione. Plutarco Bellona an pace clariores fuer. Athen. oper. Tom. iI. pag. 46. attribuisce l’istesso motto ad Apollodoro. Forse l’hanno usato amendue; siccome amendue diedero altri simili saggi di vanità e di ostentazione. Fu tenuto Seusi in tanto credito dagli antichi pittori, che nell’effigiar gli dei e gli eroi non osavano dipartirli dalla fisonomia e dal carattere dato loro dal medesimo: motivo per cui fu chiamato legislatore. Quintil. lib. 12. cap. 10. [ Paria di Parrasio, non di Seusi. Di questo abbiamo da Luciano in Zeuxi, sive Antiocho, §. 3. oper. Tom. I. pag. 840., che non voleva dipingere cose popolari, e comuni, o almeno ben poche ne faceva come per esempio qualche divinità, eroe, o battaglie; ma voleva fare sempre nuovi soggetti, e che uscissero dal solito. Egli descrive §. 4. 5. tra questi un quadro, di cui una fedele copia era restata in Atene ancora a’ suoi giorni, e l’originale probabilmente era perito in mare allorché li trasportava in Italia per ordine di Silla. Vi era dipinta una Centauretta, che allattava due piccoli Centauri gemelli; e il padre loro, il quale ridendo teneva nella destra un leoncino per mostrare di far loro paura. I pittori vi ammiravano l’esattezza delle proporzioni, la grazia dei contorni, il bel colorito, e il chiaroscuro; ed egli vi lodava particolarmente una graziosa varietà, e la naturale espressione degli affetti: il che contradirebbe a ciò, che dice Winkelmann nella pagina precedente.
  4. lib. 35. cap. 11. sect. 40. §. 28.
  5. Dati Vite de’ pitt. pag. 68.