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d a i   s u o i   p r i n c i p j   ec. 229

[Parrasio.]

§. 19. Parrasio efesino fu il primo che alle teste, le quali dianzi avean un’aria rozza e dura, diè delle sembianze amabili e della grazia, e ne dispose con maggior eleganza i capelli1. Il suo merito principale consisteva nel ben contornare le figure, e ritondarne le forme, giustamente collocando i lumi e le ombre, nel che tutti gli antichi artisti gli accordarono la preferenza2. Molti però lo superarono nel ben esprimere l’ossatura e i muscoli, e in tutto ciò, che in termine d’arte chiamar si suole la notomia3. Così a mio parere deve spiegarsi il giudizio di Plinio intorno a Parrasio, e non già come spiegollo il mentovato Carlo Dati4, il quale senza intenderlo letteralmente così tradusse: Sembrò egli di gran lunga inferiore in paragon di sè stesso nell’esprimere i mezzi delle figure5. Della stima che faceasi delle sue pitture


può


  1. Si pregiava in modo particolare di mettere il suo nome ai suoi quadri. Ateneo l. 15. cap. 10. pag. 687. B.
  2. Confessione artificum in lineis extremis palmam adeptus: hic est in pictura summa sublimitas. Corpora enim pingere, & media rerum, est quidem magni operis, sed in quo multi gloriam tulerint. Extrema corporum facere, & desinentis pictura modum includere, rarum in successu artis invenitur: ambire enim debet se extremitas ipsi, & sic desinere, ut promittat alia post se, ostendatque etiam quæ, occultat. Plin. lib. 35. c. 10. sect. 36. §. 5.
  3. Minor tamen videtur sibi comparatus in mediis corporibus exprimendis. Ibid.
  4. loc. cit. pag. 48.
  5. Facendo Plinio il confronto dei contorni delle figure di Parrasio, ne’ quali non ebbe l’eguale, col pieno ossia col mezzo delle figure, nel che ei non riusciva come nel formarne i contorni, l’esposta interpretazione di Dati non sembra poi sì lontana dal vero, come la suppone il nostro Autore. Chechè ne sia: tra le molte di lui tavole, delle quali fa Plinio lib. 35. cap. 10. sect. 36. §. 5. una lunga enumerazione, nobilissimo, oltre l’Archigallo, è stato il quadro, ove pinse l’indole degli Ateniesi; e quell’altro dei due giovani, uno de’ quali per la troppo forzata corsa sembrava bagnato di sudore, e l’altro nel dcpor le armi mostravasi come ansante. Lasiò egli altresì ad uso dei pittori una raccolta di disegni sulla pergamena. Narra Seneca lib. 5. contr. 34. che, volendo Parrasio rappresentar al vivo un Prometeo, abbia applicato un servo alla tortura, e con essa toltagli la vita. Lo stesso dicesi ancora di Apelle: crudeltà che da alcuni, ma senza bastevole ragione, si pretende rinnovata dal Buonarruoti nel dipingere un Cristo crocifisso. Se Parrasio vinse Seusi nella celebre diffida, in cui quegli colla finta tela che sembrava ricoprir il quadro, ingannò l’emolo, che vantavasi d’aver colle sue uve dipinte ingannati gli uccelli, in un’altra disfida fu vinto Parrasio da Timante, che meglio di lui seppe rappresentare Ajace sdegnato contro i Greci, per aver essi aggiudicato ad Ulisse le armi d’Achille. Plin. l. cit., Athen. lib. 12. cap. 11. pag. 543. E., Ælian. Variar. hist. lib. 9. cap. 11.
    Di questo Timante il signor Winkelmann non fa cenno alcuno, che pur meritava d’essere nominato, essendo egli stato uno de’ più valenti pittori di que’ tempi. [ Dionisio Alicarnasseo De adm. vi dic. in Demosth. n. 50. oper. Tom. iI. pag. 314.] Il suo carattere distintivo nella pittura fu l’invenzione, Plin. lib. 35. cap. 10. sect. 36. §. 6., e i suoi quadri ebbero questo bel pregio che davano allo spettatore il piacere d’immaginar di più che non vi fosse dipinto. Dopo l’Ajace, con cui superò Parrasio, celebratissimo è stato il quadro d’Ifigenia, con cui vinse Colore Tejo Quint. lib. 1. cap. 13., Val. Max. l. 8. c. 11.