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§. 16. Riccoboni, seguito poi da altri, pretende che Prassitele fosse nativo della Magna Grecia, ed abbia poi ottenuta la cittadinanza romana1, ma egli, facendo un grande anacronismo, ha col greco artista confuso Pasitele2. Quelli viveva ai tempi di Cicerone, ed incise in argento la figura del famoso Roscio, quale avealo veduto in culla la sua nutrice circondato da un serpente3. Ove per tanto in Cicerone leggesi Praxiteles dee leggersi Pasiteles4. I figliuoli del celebre Prassitele abbracciarono l’arte del padre; e Pausania parla della statua della dea Enio, e di Cadmo, alle quali unitamente aveano lavorato5. Uno di essi chiamavasi Cefissodoro, e v’era di lui in Efeso un symplegma6, cioè un gruppo di due lottatori7. D’un altro Prassitele cisellatore parla Teocrito8.

[Pittori.] §. 17. Come Prassitele la scultura, così Panfilo di Sidone9 maestro d’Apelle, Eufranore, Seusi, Nicia, e [Panfilo...]

Tom. II. F f Par-


    Benché Prassitele, che l’amava appassionatamente, non avesse cuor di negargliela, pure non sapeva mai risolversi a pronunziarne il giudizio. Che fece ella adunque? Con fina destrezza guadagnò un di lui servo, il quale, mentre Prassitele seco lei intertenevasi in geniale conversazione, ansante entrò ed impaurito esclamando: la vostra sala, Prassitele, va tutta a fuoco, e buona parte si è già consumata delle opere vostre. Quali volete voi che si salvino? Povero me, ripigliò Prassitele, tutte le mie fatiche fon perdute, se le fiamme non l’hanno perdonata al mio Satiro e al mio Amorino. State di buon animo, soggiunse allora la scaltra donna: nulla v’è di sinistro, ed io son contenta d’aver saputo quanto bramava. Prassitele più non potendo tergiversare, le lasciò la scelta; ed ella si prese il Cupido, che mandò a Tespi sua patria, ove per lungo tempo fu l’oggetto della curiosità de’ forestieri.

  1. Not. ad fragm. Varr. in Comment. de hist. pag. 133., e l’autore dell’opera, Lettre sur une prétend. méd. d’Alexandre, p. 3.
  2. Del quale parla Plinio lib. 35. cap. 12. sect. 45., lib. 36. cap. 5. sect. 4. §. 12.
  3. Cic. De divin. lib. 1. cap. 6.
  4. Leggesi Praxiteles nei due antichissimi codici mss. della biblioteca di s. Marco di Venezia, e della Lorenziana di Firenze. [ Il nostro autore nel Tratt. prelimin. Cap. IV. pag. LXXXVI. avverte, che Pasiteles dovrebbe emendarsi anche in Plinio lib. 33. cap. 12. sect. 55. A me pare che sia il medesimo Pasitele, di cui parla Plinio nei luoghi citati qui avanti, e che in questo luogo fissa circa i tempi di Pompeo. Arduino non vi ha badato, nè Davisio al luogo citato di Cicerone, Torrenio nelle note a Valerio Massimo lib. 8. cap.it. num. 4. not. zi., nè tanti altri.
  5. lib. I. cap. 8. pag. 20. [Lo dice della statua di Enio, ossia Bellona, solamente.
  6. Plin. lib. 16. cap. 5. sect. 4. §. 6.
  7. Non in Efeso, ma bensì in Pergamo scrive Plinio loc. cit. essere stato il symplegma. di Cefissodoro. Avverte il medesimo lib. 34. cap. 8. sect. 19. § 27. che due furono di questo nome, ed amendue abili scultori. Il secondo però non Cefissodoro, ma Cefissodoto vien detto da Pausania l. 8. c. 30. p. 664., lib. 9. c. 16. pag. 741. in fine, e da Taziano Advers. Gric. e. } 7. p. Z70., [e Cesissodoto ha emendato l’Arduino nel citato luogo di Plinio, secondo i codici manoscritti.
  8. Idyl. 5. vers. 105.
  9. Macedone. Plinio lib. 35. cap. 10. sect. 36. §. 8.