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d a i s u o i p r i n c i p j ec. | 219 |
tuto giugnere alla perfezione del suo maestro, o per un capriccio abbia voluto imitare la maniera dura de’ suoi predecessori, affinchè più antiche sembrassero le sue figure. Quindi ne segue che sovente nel tempo medesimo sia stato lavorato secondo stili differenti. Chi però vuole formarsi un’ idea dello stile di Canaco veda la mentovata Musa del palazzo Barberini.
§. 5. Fra i lavori di questo scultore v’erano a Milesia e a Tebe due fra di loro simili statue d’ Apollo, formate d’avorio e d’oro, che aveano sul capo un non so che detto da Pausania πόλον1, voce non ben intesa dai suoi interpreti. Quello era probabilmente un nimbo (nimbus), ossia quel cerchio con cui sogliono circondarsi le teste de’ santi, e fu esso già dai più antichi tempi dato principalmente ad Apollo, come Sole2. Tale pur si rappresenta il Sole in compagnia della Luna nella pittura d’un antico vaso di terra della biblioteca Vaticana da me pubblicato3. Si comprende da ciò perchè Esichio spieghi la voce πόλος dicendo κύκλος καὶ τόπος κορυφῆς κυκλοειδής ἢ ἄξων: ove però in vece di τόπος dovrebbe leggersi τύπος, come già altri hanno osservato. Dee pure essere stato un nimbo il πόλος posto in capo ad un’antica statua della Fortuna, lavoro di Bupalo a Smirne4, e quello della Pallade di legno intagliata da Endeo scultore antichissimo5.
E e | §. 6. Nau- |
- ↑ Paus. lib. 2. cap. 10. pag. 134. in fine. [Lo dice d’una statua di Venere solamente, opera di quell’artista.
- ↑ Ved. Tom. I. pag. 89.
- ↑ Monum. ant. ined. n. 22.
- ↑ Paus. lib. 4. cap. 30. pag. 355. princ. [Alla Fortuna conviene più il modio in capo, che il nimbo; e lo ha diffatti la figura di quella dea nelle figure citate nel Tomo I. pag. 204. n. 1., e quella col nome di Bupalo, della quale abbiamo parlato qui avanti alla pag. 167. not. d. Que’ nimbi, o lune, dette da’ Greci μηνίσκεις, menischi, si solevano mettere in capo alle statue esposte nelle piazze, o altri luoghi aperti, per ripararle dalle immondezze degli uccelli, che svolazzavano per l’aria, come ce lo attestano chiaramente Aristofane in Avib. v. 1114 e ivi lo Scoliaste. In appresso diventò semplice ornamento delle immagini degli dei, degl’imperatori, e de’ santi presso i cristiani. Vegg. Buonarruoti Osservaz. sopra alcuni frammen. di vasi, ec., Tav. 9. pag. 60. e 61., il quale peraltro lo vuole un ornamento originario degli Egizj, e il dotto monsignor Stefano Borgia De cruce velit. S. 34. pag. LII., §. 34, pag. CXXVI.
- ↑ Paus. lib. 7. cap. 5. pag. 534. in fine,