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pigliatura all’etrusca, o ben anche alla greca ma poco lavorata, non debbano credersi posteriori a quell’artista, ma più antiche siano o tutto al più contemporanee; e a quest’indizio si rende ancor più verosimile, che il gruppo della Niobe lavoro sia di Scopa, anziché di Prassitele1.

[Ctesilao...] §. 24. Fra gli artisti di questi tempi men rinomato degli altri è Ctesilao, sebbene foss’egli uno dei tre che con Policleto e Fidia ottennero il premio per le statue delle Amazzoni desinate per il tempio di Diana in Efeso. I critici non hanno sin qui osservato che Plinio, nominando ora Ctesilao, ora Ctesila2, d’ una persona stessa deve intendersi, tanto più che egli nomina Ctesilao dove rammenta lo scultore della famosa statua di Pericle3.

[...suo supposto Gladiatore moribondo.]

§. 25. La più conosciuta delle opere di Ctesilao era la statua d un uomo ferito, e probabilmente un eroe, in cui comprender poteasi quanto ancora gli restasse di vita (in quo possit intelligi quantum restet animæ). Siccome, al riferir di Plinio4, era principalmente pregevole Ctesilao, perchè sapea le persone illustri ancor più nobilmente effigiare, non è verosimile che, volendo eternare la propria memoria, abbia lasciato dopo di sé opere risguardanti soggetti vili e bassi. Ciò posto non sembra doversi a lui attribuire, come molti fanno, il così detto Gladiator moribondo5, poiché rappre-


C c 2 senta


  1. Tra le statue di bronzo fatte da Pittagora, che vengono lodate da Plinio loc. cit., una era di un uomo, che zoppicava, della cui piaga pareva che sentissero il dolore quelli eziandio, che lo guardavano; e l’altra un Apollo, che uccideva a colpi di saette un serpente. Nel primo io riconoscerei un Filottete, di cui si è parlato nel Tomo I. 338. Esso appunto zoppicava addolorato, per essere stato morsicato da un serpe, come a lungo può vedersi presso del nostro Autore Mon. ant. ined. Par. iI. cap. 3. p. 159. segg. e Raffei nella dissertazione su di un basso rilievo della villa Albani, di cui ho parlato alla detta pag. 338. Nell’ altro crederei che fosse piuttosto rappresentato Apollo, che uccide il serpente Pitone, anziché un Apollo Saurottono, o ammazza lucertole, come pretende l’Arduino nelle emendazioni al detto libro, n. XII. Se tale fosse stato, Plinio lo avrebbe chiamato Saurottono, come chiama quello di Prassitele, e non avrebbe detto in plurale, sagittis confici, a colpi di saette. Ved. al Capo seguente §. 15., e Lib. XI. Capo iiI. §. 13.
  2. lib. 34. cap. 8. sect. 19. princ. Arduino aveva emendato, Ctesilao.
  3. loc. cit. §. 14.
  4. loc. cit.
  5. Questo sarebbe al più una copia, perchè l’originale di Ctesilao era in bronzo. Plin. loc. cit.