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192 Storia dell’Arte presso i Greci

solea col manco braccio piegato verso il petto in atto di sostener ivi la veste; e tal braccio servìa per la misura comune del cubito (πυγών) presso i Greci, cominciando dal gomito, sino al nodo di mezzo delle dita. Questa misura indicava che Nemesi, dea della retribuzione, le buone opere e le cattive con giustissima mifura giudicava, dando poscia i meritati premj, o i dovuti castighi. Possiamo per tanto credere che la Venere d’Agoracrito stesse nel medesimo atteggiamento, il quale però sarà stato in essa indizio di quella modestia e di quel pudore, che esprimer volle Prassitele nella sua Venere ignuda, la quale con una mano tenta di coprirli il petto, e vuol coll’altra, che tien più baffa, celare altra parte1. Quando tutto ciò s’accordi, non avrebb’egli lo scultore potuto dare alla sua Venere, senza farvi nessun cangiamento, il nome ed il significato di Nemesi? Per rappresentarla più perfettamente avrebbe tutto al più potuto aggiugnervi il ramo nella destra2 che teneva abbassata3.

[Guerra peloponnesiaca nõ dannosa alle arti] §. 12. Nell’anno primo dell’olimpiade lxxxvii., cioè in quello anno stello in cui Fidia terminò la mentovata statua di Pallade, e cinquant’anni dopo la spedizione di Serse nella Grecia, le ostilità sin allora usate accesero il fuoco della guerra peloponnesiaca, di cui fu principal cagione la Sicilia, e


in


  1. La Venere di Prassitele a Cnido, di cui abbiamo le copie nel Museo Pio-Clementino, come ho notato nel Tomo I. pag. 316. not. c., colla mano sinistra regge un panno, che prende di sopra un vaso posto accanto; la mano destra la tiene bassa per coprirsi le parti vergognose. La Venere de’ Medici è nell’atteggiamento descritto da Winkelmann.
  2. Winkelmann si scorda qui di aver detto nel §. antecedente, che la statua avea difatti il ramo di frassino in mano; e questa era la sinistra, come scrive Pausania lib. 1. cap. 33. pag. 81, il quale aggiugne che teneva nella destra un vaso lavorato a bassi rilievi, che rappresentavano varj fatti; e aveva in capo una corona con dei cervi, e immagini della Vittoria. Tutte queste cose ve le avrà aggiunte in appresso l’artista. Veggasi anche Owvens Orat. de Nemesi Phidiaca.
  3. Plinio, come già si è rilevato alla pag. 170. not. 2., mette Egia nell’olimpiade lxxxiv., e lo fa contemporaneo d’Alcamene, unitamente a Crizia, e Nestocle. Di Nestocle ho parlato alla p. 181. n. c., Quanto a Crizia, aggiugnerò quì, come ho scritto alla citata pag. 181. not. c., che non deve mettersi nella detta olimpiade, ma almeno x. olimpiadi avanti; perocchè agli fece le statue d’Armodio, e Aristogitone, come ho detto alla stessa pagina; e queete nell’olimpiade lxxv, furono tolte dal Ceramico d’Atene ove stavano, e portate in Persia da Serse nello spoglio, che fece di quella città. Pausania lib. 1."cap. 8. pag. 20. Ved. appresso al §. 31.