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presso i Greci, e loro Pittura. 11

§. 9. La maggior parte delle statue son fatte d’un sol pezzo, la qual cosa avea pure ordinata Platone1 nella sua repubblica. Ciò non ostante v’ha delle figure di marmo, alle quali fin da principio fu attaccata la testa lavorata a parte, come ad evidenza si vede nelle teste di Niobe e delle sue figlie, in quelle di due belle Palladi della villa Albani2, e delle Cariatidi scoperte nel 1761.3. Talora


B vi


    rio, detto anche λίγδινος dal monte di questo nome nell’isola di Paro, e del pentelico somministrato da una cava vicina ad Atene, scopertavi da Biza di Nasso, che ne fece le tegole al tempio di Giove olimpico nell’olimpiade lxxxvii., Pausan. lib. 5. c. 10. p. 398. princ. [ Biza non iscoprì la cava, ma solamente introdusse il primo le tegole di marmo pentelico, per coprire il detto tempio; e lo prova Pausania colli due versi greci, che furono scolpiti alla base della statua, che gli fu eretta in Nasso:

    Naxi hæc Latoidæ fecit sollertia Byza,
    Cui primum secta est tegula de lapide. ]

    Maggior uso di questo che dell’altro fecero gli antichi Greci, talché di dieci statue, nove erano di marmo pentelico, ed una di pario. Id. passim. Il pentelico, sebbene men candido del marmo di Carrara, Plin. lib. 36. c. 5. princ., era però di pasta più dolce e molle; onde lavoravasi quasi come una cera. Fecero gli antichi delle pregevolissime statue in amendue quelli marmi. S’inganna dunque Isidoro Orig. lib. i 6. cap. 5., dicendo che di marmo pario non si posson avere che de’ piccoli pezzi atti solo a far vasi. [ Vedi sopra Tom. I. pag. 121. not. A. ] Altri bianchi marmi avea la Grecia. Tal era l’imezio cavato dal monte Imeto presso Atene, Strabone l. 9. pag. 613. princ. Tom. I., ed il porino che traevasi dall’Elide provincia confinante col Peloponeso. Il primo assomigliava nel candore al pentelico, al pario il secondo, se non che n’era assai più leggiero, Plin. l. 36. cap. 77. sect. 28.: e di questo erano fabbricati i due famosi tempj d’Apollo delfico, e di Giove olimpico, Herodot. lib. 5. cap. 62. pag. 401., Paus. lib. 5. cap. 10. pag. 398. princ. Celebre per la bianchezza era similmente il marmo d’Efeso, scoperto da Possidoro pastore, a cui perciò gli Efesini decretarono divini onori. Bianco pure era il marmo tasio, e ’l proconeso; ma in questo scorrevano alcune vene nericce, V. Salmas. Exerc. Plin. in Solin. cap. 37. Tom. I. p. 4195. col. 2. C.: come alcune vene gialle nel sengite, altro marmo bianco della Cappadocia, Plin. l. 36. cap. 22. sect. 46.. che prendeva il lustio in guisa da servire di tersissimo specchio, Sueton. in Domit. cap. 14. Un candore accostantesi all’avorio aveva il coralitico o sangario, Plin. lib. 36. cap. 8. sect. 14., e d’un bianco livido con macchie sanguigne erano i marmi di Lesbo, e di Jasse. Altre specie di bianchi marmi meno celebri passo sotto silenzio. Sarebbe oggidì quasi impossibile il distinguere ne’ monumenti greci, che ci rimangono, tutte le specie diverse dei marmi. Oltre i marmi bianchi, moltissimi ne aveano i Greci di varj colori e diverlamente macchiati, il caristio, ossia eubeo di color verde mare; il chio a più colori, ma specialmente venato di nero; il tenario di due specie, una nera, l’altra d’un bel verde, che era pure il color del prafino; il frigio con rotonde macchie di color di porpora; l’alabandico, il lidio, l’onichite, il conchite, e più altri che veder si possono presso il Cariofilo De antiq. marmor. pag. 3. & segg. Servirono quelli principalmente per le colonne. Quando s’introdusse in Roma il gusto d’intonacare di marmo le pareti, gusto portatovi da Mamurra, e riprovato da Plinio lib. 36. cap. 6. sect. 7., non solo vi si trasportarono i più bei marmi della Grecia e dell’Asia, ma si argomentarono gli artisti di colorirli col pennello, ed anche di connetterne uno con l’altro, incastrando, come dice Plinio lib. 35. cap. 1., un ovato di numidico in una tavola di sinnadico: due marmi che sì il traduttor italiano Domenichi, che il francese du Pinet hanno presi per due personaggi. In quell’arte i moderni artisti romani hanno certamente superati gli antichi. Molti marmi simili a quei della Grecia vanta anche la Sicilia, de’ quali eruditamente ragiona Agostino Tetamo Disserr. VII. vol. I. Saggi di Dissert. dell’Acc. Palerm.

  1. De leg. lib. 12. oper. Tom. iI. p. 956. princ.
  2. Una è quella di cui abbiamo data la figura nella Tavola XIII. Tomo I.
  3. Ora nella stessa villa, come abbiamo già detto nel Tomo precedente pag. 441. n. a.