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158 | Progressi e Decadenza dell’Arte |
ergere un arco, ornandolo con sette statue indorate, con due cavalli e due grandi conche di marmo avanti1.
[... e della guerra contro Antioco ...] §. 27. Sino all’olimpiade cxlvi., e fino alla vittoria riportata sopra Antioco da L. Scipione, fratello di Scipione Africano il seniore, ne’ tempj di Roma la maggior parte delle statue delle deità legno erano o creta2, e ben pochi vedeansi pubblici edificj di qualche pregio3. Ma quella vittoria, che rendè i Romani padroni dell’Asia fino al monte Tauro, e riempì Roma d’immense prede riportate dall’Asia, la pompa stessa, e l’asiatica voluttà vi fece conoscere, anzi ve la introdusse4. E’ si fu a quel tempo che i baccanali passarono dalla Grecia in Roma5. L. Scipione nel suo trionfo, fra gli altri tesori, portò tanti vasi d’argento intagliati, che pesavano 1424. libbre, e 1024. libbre i vasi d’oro, lavorati allo stesso modo6.
§. 28. Poichè dai Romani ricevute furono le greche divinità sotto greci nomi, e greci sacerdoti loro vennero destinati7, nacque tosto il desiderio di averne anche le statue di lavoro greco, o in Grecia commettendole, o facendo di colà venir gli artisti a Roma. I lavori a rilievo fatti in terra-cotta, che stavano ancora ne’ vetusti tempj, teneansi, siccome dice Catone in un suo discorso, qual cosa vile e ridicola8. Si eresse nel tempo stesso a L. Quinzio, che nell’antecedente olimpiade avea trionfato dopo la guerra macedonica, la statua con greca epigrafe, e questa probabilmente di greco artista era lavoro; il che pure congetturar si può d’una statua fatta ergere da Augusto a Cesare, sulla cui base si leggeva una greca iscrizione9.
§. 29. Sta- |
- ↑ Liv. lib. 37. cap. 4. n. 3.
- ↑ Plin. lib. 40. cap. 7. sect. 16.
- ↑ Liv. lib. 40. cap. 3. n. 5.
- ↑ idem lib. 40. cap. 5. n. 6.
- ↑ ibid. cap. 8. n. 8. 9. [ Cioè, dice, che un ignobile Greco gl’introdusse nell’Etruria, da dove intorno a questo tempo passarono in Roma.
- ↑ idem lib. 37. cap. 42. n. 59.
- ↑ Cic. Or. pro Corn. Balb. cap. 24.
- ↑ Liv. lib. 34. cap. 1. n. 4.
- ↑ Rycq. De Capit. cap. 26. pag. 336.