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152 Progressi e Decadenza dell’Arte

non dovesse i tre piedi d’altezza1, misura troppo limitata per l’arte. Di tal grandezza si possono credere la statua d’Orazio Coclite erettagli nel tempio di Vulcano2, la statua equestre di Clelia3, che esisteva ancora ai tempi di Seneca4, amendue di bronzo, e molte altre fatte in Roma a que’ giorni. Fecersi pur allora altri pubblici monumenti di bronzo, e fu colonne di tal metallo s’incisero le nuove ordinazioni, quale, a cagion d’esempio, su quella in cui al principio del quarto secolo di Roma fu conceduto al popolo di poter edificare sul monte Aventino5. Su simili colonne furono scritte le nuove leggi de’ Decemviri6.

§. 16. In oltre le statue degli dei doveano, almeno per la maggior parte, essere proporzionate ai tempj, che allora magnifici certamente non erano, se giudicar ne deggiamo da quello della Fortuna7, che fu compiutamente edificato in un anno, e da ciò che degli altri antichi tempj rapportano le storie8, o mostrano le ancor esistenti ruine.


§. 17. Le


  1. idem ibid. cap. 6. sect. 11.
  2. Plutarch. in Popl. oper. Tom. I. p. 106. princ. [ La statua gli fu eretta nel Comizio, e in appresso fu trasportata nella vicina area di Vulcano, Gellio Noct. att. lib. 4. cap. 5. Livio lib. 2. cap. 5. num. 10. la dice eretta precisamente nel Comizio; e Plinio lib. 34. cap. 5. sect. 11. ne parla senza indicare precisamente ove fosse. Il P. Arduino ivi not. 10. p. 643. mostra di non aver letto bene Gellio, scrivendo che la statua, di cui parla Plutarco, fosse diversa da quella eretta nel Comizio.
  3. Plin. l. 34. c. 6. s. 13. [Liv. l. 2. c. 8. n. 13.
  4. Consol. ad Marc, cap. 16. [ E di Plinio, che scriveva ai tempi di Vespasiano. Seneca loc. cit. parla sì chiaramente dell’esistenza di questa statua a’ suoi tempi, che non ne lascia dubbio: Equestri insidens statuæ, in sacra via, celeberrimo loco, Clœlia exprobrat juvenibus nostris pulvinum ascendentibus, in ea illos urbe sic ingredi, in qua etiam fœminas equo donavimus. Plinio anche pare che parli chiaro: Clœliæ statua est equestris: e amendue questi scrittori scrivevano in Roma, e di una statua, che stava al pubblico in uno dei più celebri luoghi di questa città. A questi si deve unire anche Plutarco loc. cit. pag. 107. D. Al contrario Dionisio d’Alicarnasso, che scriveva ai tempi di Augusto, e stette in Roma tanti anni, dice lib. 5. cap. 35. p. 291. che avendone fatte ricerche non l’avea più trovata, e che gli era stato detto essere stata consumata dal fuoco attaccatosi una volta alle vicine case: Nos non invenimus hanc adhuc extantem, & erectam: ferunt enim eam incendio circa proximas ædes exorto absumptam. Io non saprei come sciogliere plausibilmente una contradizione così manifesta. Potrebbe pensarsi, che fosse rifatta la statua dopo i tempi di Dionisio; ma Plinio e Plutarco mostrano di parlare dell’antica: ovvero potrebbe dirsi, che in occasione di quell’incendio fosse messa in luogo privato, e rimessa in pubblico dopo Dionisio.
  5. Dion. Hal. lib. 10. cap. 30. pag. 628.
  6. idem lib. cap. 57. pag. 649. [ Livio l. 3. cap. 28. num. 57. dice in tavole di bronzo; e cosi crederei che dovesse emendarsi il giureconsulto Pomponio nella l. 2. §. 4. ff. De orig. jur., ove le dice scritte in tavole di avorio: chechè dica per sostenere quella lezione Bynkershoek alla detta legge, Prætermissa, ec. op. Tom. I. pag. 286.
  7. Dion. Hal. lib. 8. cap. 55. pag. 505.
  8. Nonius ap. Scalig. Conject. in Varr. de ling. lat. lib. 4. pag. 22.