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130 | Progressi e Decadenza dell’Arte |
soverchia abbondanza in altre cose, è un argomento di miseria: così i re di Siria, al dir di Plinio1, costruivano di cedro le navi loro, perchè non aveano abete, il cui legno è men pregevole, ma alla navigazione più acconcio2.
[Caratteri dello stile nella decadenza.] §. 5. Che nella decadenza dell’arte si fosse introdotto uno stile diverso dall’antico lo dimostra, fra gli altri, un passo di Pausania3, il quale narra che una sacerdotessa delle Leucipidi Febe ed Ilaira ad una delle loro due statue fece levare l’antica testa, immaginandosi di renderla più bella con farlene sostituire una nuova lavorata secondo l’arte d’oggidì; le quali parole il signor Gedoyn, a cui qui la sua moda veniva in acconcio, traduce: secondo la moda preferite4. Potrebbe questo stile chiamarli piccolo basso e mozzato, poiché ivi tutto è meschino e tozzo quello, che nelle antiche figure faceasi grandioso e rilevato. Non devesi giudicar però di questo stile sulle statue, alle quali è stato dato il nome dalle
teste |
- ↑ lib. 18. cap. 40. sect. 76. §. 2.
- ↑ Plinio loc. cit. lo dice anche degli Egiziani, tra i quali Diodoro lib. 1. §. 57. p. 63. nomina il re Sesostri, che dedicò in un tempio d’Egitto una nave di cedro lunga 280. cubiti, dentro foderata d’oro, e fuori d’argento. Degli uni e degli altri lo dice pure Teofrasto Hist. plant. lib. 6. cap. 8., copiato forse da Plinio; ma però aggiugne, che il cedro è attissimo a far navi egualmente che il pino, e l’abete: infatti le navi, e altri legni che si fanno all’Avana in America col cedro riescono a maraviglia e per la leggerezza, e incorruttibilità. Caligola, per puro lusso, come narra Suetonio nella di lui vita cap. 37., fece fare di cedro alcune navi di quelle dette liburniche.
- ↑ lib.. cap. 16. pag. 247. princ.
- ↑ Tom. I. pag. 288. loc. cit.: En la représentant comme les femmes se mettent aujourd’hui.
re? E pure gli uomini non ostante che tengano per false quelle cose, non solo non le riprendono, ma anzi se ne compiacciono, non riflettendo se possano essere, o no queste cose: onde la mente guasta da’ falsi giudizi non può discernere quello, che può essere, o non essere per ragione, e per regole al decoro. Nè mai si debbono stimare pitture, che non siano simili al vero; ed ancorchè fossero dipinte con eccellenza, pure non se ne deve dar giudizio, se non se ne troverà prima col raziocinio la ragione chiara, e senza difficoltà„. Secondo questa maniera, almeno in qualche parte, si possono dire molte pitture del museo Ercolanese, e tra le altre quelle riportate nel Tomo iiI. di esse Tav. 55. 56., Tom. V. Tav. 73-76., oltre quelle citate sopra da Winkelmann. È però da notarsi, che quella maniera di dipingere non è quella di Ludio, come crede il nostro Autore qui, e sopra pag. 73. §. 28., supponendo, che le pitture di detto museo siano tutte della stessa maniera, come ho accennato sopra pag. 71. col. 2. . Vitruvio avea parlato prima della maniera di dipingere vedute, paesini copiati dal naturale, porti, fiumi, fonti, boschi, pastori, case di campagna, tempj, ed altri consimili soggetti, che appunto si vedono generalmente nelle dette pitture Ercolanensi; e ne avea parlato lodandola, e poi dolendosi nel principio delle parole riferite, che non fosse più usata. Vero è ch’egli non nomina Ludio, ma parla certamente della di lui maniera; e ci fa capire che non ne fosse quegli l’inventore, come pare voglia dir Plinio lib. 35. cap. 10. sect. 37. con quel primus instituit; ma soltanto il propagatore, come bene osserva il lodato Galiani pag. 280.