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126 Progressi e Decadenza dell’Arte

cata in marmo. Ciò però si è fatto ne! bronzo, poichè fu una bellissima testa giovanile di questo metallo unita a un petto di grandezza naturale, nel regio museo Ercolanense, che sembra rappresentare un eroe1, le sovracciglia sono mollemente incise sull’osso dell’occhio, che è assai affilato2. Si questo che un altro busto femminile d’eguale grandezza sono stati senza dubbio lavorati ne’ buoni tempi dell’arte.

  1. Questo busto è lavoro d’Apollonio figlio d’Archia ateniese, siccome appare dall’iscrizione: ΑΠΟΛΛΩΝΙΟΣ ΑΡΧΙΟΥ ΑΘΗΝΑΙΟΣ ΕΠΟΗΣΕ, non già ΑΡΧΗΟΥ come ha letto Bajardi Cat. de’ Mon. d’Ercol. num. 219. pag. 170., nè ΕΠΟΙΗΣΕ , come vuole Martorelli De reg. th. cal. lib. 2. cap. 5. pag. 424. Il primo prende ΕΠΟΗΣΕ, che dovrebb’essere ΕΠΟΙΗΣΕ per un’antica maniera di scrivere; il che può esser vero, quando si voglia derivare dall’antico verbo eolico ποέω. V. Chishull Antiq. asiat. ad inscr. sig. pag. 39. Questo stesso verbo però si trova usato da alcuni poeti, Aristoph. Equit. act. 1. sc. 3. vers. 464., Theocr. Idyl. 10. vers. 38., ed alla medesima maniera è scritto nell’epigrafe della Venere Medicea, e in un’altra iscrizione nella cappella di Pontano a Napoli, de Sarno Vita Pontani, p. 97., la quale certamente è d’un tempo posteriore. Ho pure incontrata questa voce nell’iscrizione seguente ricavata dai mss. di Fulvio Ursino, esistenti nella biblioteca Vaticana:

    С Ο Λ ω Ν
    Δ Ι Δ Υ Μ Ο Υ
    Τ Υ Χ Η Τ Ι
    Є Π Ο Η С Є
    Μ Ν Η Μ Η С
    Χ Α Ρ Ι Ν.


    Trovasi eziandio su un’iscrizione della villa Altieri, e nella raccolta di Caylus Rec. d’Antiq. Tom. iI. Antiq. grecq. pl. 75.; onde non è sì inusitata, come pretende Gori Mus. Fior. Statuæ Tab. 26. pag. 35., nè un sì grand’errore per cui dovess il signor Mariette Traitè des pierr. grav. Tom. I. pag, 102. credere supposta l’iscrizione della Venere Medicea, [ ripetendo le ragioni del Gori. Si può anche vedere ciò che scrive intorno a questa iscrizione il signor Falconet Discussion un peu pedantesque sur la Venus de Mèdicis, oeuvr. Tom. iI. pag. 320. segg. Io aggiugnerò qui una osservazione: cioè che ultimamente nel ripulire dal tartaro, e dalla calce l’ara di Alcesti collocata nel gabinetto xv. della galleria Granducale a Firenze, vi si è scoperta sulla base l’iscrizione, che porta il nome dello scultore: ΚΛΕΟΜΕΝΗΣ ΕΠΟΙΕΙ: Cleomene faceva. Il nome di Cleomene ricordato anche da Plinio lib. 36. cap. 5. sect. 4. §.10. conferma la sincerità dello stesso nome, che ha l’artista scritto sulla base della Venere suddetta; e dal confronto dello stile potrà chi ne ha il comodo esaminare se sia lo stesso scultore di amendue que’ monumenti, e se abbia fiorito nell’epoca degli allievi di Prassitele, e di Lisippo, secondo varie congetture, al dire del signor Lanzi, che ci dà notizia di quella scoperta nella più volte citata descrizione di quella galleria inserita nel Giornale de’ Letterati Tom. XLVII. anno 1782. art. I. c. 13. pag. 167.; ma poi resta da riflettersi sul verbo, che qui è ΕΠΟΙΕΙ; e sulla Venere la tanto contrastata parola ΕΠΩΕΣΕΝ, di cui parlano Gori, Mariette, ed altri. Il citato signor Falconet, il quale propende a credere, che il vero nome dell’autore della Venere sia Diomede anzichè Cleomene, perchè così è scritto in diversi gessi di quella, che si trovano in Olanda; e che sull’originale di Firenze tal nome possa essere stato convertito in quello di Cleomene dopo che furono fatti que’ gessi, perchè non fosse noto il nome di Diomede, non avrà forse letto il Maffei Raccolta di statue, ec. alla Tavola 27. ove ne dà la figura, e avverte appunto, che il vero nome è Cleomene, mutato sul rame in quello di Diomede dall’intagliatore disattento: e forse da questa figura in rame farà l’errore passato ai gessi. Converrà però dire, che l’intagliatore, o il disegnatore abbia sbagliato anche nell’altra parola, e che non vi abbia badato lo stesso Maffei, scrivendo ΕΠΟΙΕΙ invece di ΕΠΩΕΣΕΝ; seppure questi non l’ha corretta, come vuole il Gori l. cit.

  2. Bronzi d’Ercol. Tom. I. Tav. 45. 46. ove è creduto di Augusto giovane.

Sap-