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118 Progressi e Decadenza dell’Arte

rondi, spandevasi leggermente sul viso, qual vedesi in una Leucotea del Campidoglio1, e nelle teste sulle monete dell’isola di Nasso. L’arte filosofava colle passioni, come con esse, al dir d’Aristotele, filosofa la ragione: συμφιλοσοφεῖ τοῖς πάθεσι .

§. 19. Siccome non è sì facil cosa il distinguere la Grazia sublime dalla piacevole, per darne una chiara idea a coloro almeno che sono al caso di veder Roma, indicherò due monumenti, su i quali se ne potranno studiare le differenze. Vadasi nel palazzo Barberini, e ivi si veda la prima Grazia sublime in una Musa maggiore della grandezza naturale, che tiene in mano una grande lira, βάρβιτος: quella statua, a mio credere, è verosimilmente opera d’Agelada maestro di Policleto, come si dirà più sotto, e perciò anteriore a Fidia. Mentre si ha ancor fresca in mente l’immagine di questa Musa, si passi nel vicino orto del Quirinale, e vi s’osservi un’altra Musa colla medesima lira, e collo stesso panneggiamento. Paragonando allora l’una coll’altra, nella bella e avvenente testa della seconda si ravviserà chiaramente espressa la Grazia piacevole2.

[... or bassa e comica.] 20. Sì la piacevole che la sublime Grazia sol convengono, com’ognuno ben sente, alla bellezza ideale e sublime, nella di cui rappresentazione debbono essere espresse. L’azione della Grazia però anche più s’estende, e trovasi sparsa su quelle forme eziandio, che non hanno la perfetta idea della beltà, appunto per supplire col grazioso alla mancanza del bello. Questa è la Grazia inferiore, propria principalmente de’ puttini, ne’ quali le forme, che costituiscono


il


  1. Parla forse della testa data nei Monum. antichi ined. num. 55.
  2. Questa statua passata ora al Museo Pio-Clementino, e data in rame nel Tomo I. di esso Tav. 23., viene riconosciuta dal sig. abate Visconti per una copia del famoso Apollo Palatino di Scopa lodato da Plinio l. 6. c. 5. sect. 4. §. 7.; e il suo merito non è tanto quanto crede qui il nostro Autore; ma bensì da un’idea di buon originale. Della Musa di Barberini vedi appresso lib. IX. capo I. §. 21.