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6 | Meccanismo della Scultura |
lavoravano. Della scultura parleremo principalmente, e daremo poscia un’idea della loro pittura.
[LIB.VII.CAP.I Maniera con cui i greci artisti lavorarono] §. 1. Prendendo il nome di scultura in un senso esteso, comprendiamo in esso anche il modellare, l’incidere, e’l fondere1. Si modellò la creta e ’l gesso, s’intagliò l’avorio e ’l legno, si scolpirono i sassi di varie qualità, s’incisero le gemme, e si fusero i metalli. Di quelli parleremo nel Capo seguente. Nulla si dirà de’ lavori in legno, perchè nessun’opera di questa materia s’è fino a noi conservata2.
[Modelli in creta...] § 2. Comincerò dalla creta, che naturalmente dev’essere stata la prima materia adoperata dagli artisti3, e, unitamente al gesso, dev’avere servito per modellare, come ferve anche oggidì4. Che si modellasse collo stecco lo dimostra il basso-rilievo in marmo d’Alcamene, con esso in mano, esistente nella villa Albani, del quale noi diamo la figura a principio di questo Libro5. Gli artisti però serviansi anche delle dita, e particolarmente delle ugne per lavorare con maggior dilicatezza alcune parti più fine. A quest’uso si riferisce un detto del famoso Policleto, secondo cui la parte più difficile dell’esecuzione era quando la creta attaccavasi alle ugne, o fra l’ugna e la carne intromettevasi; Ὅταν ἐν ὄνυχι ὁ πηλὸς γένηται.6. Quelle parole
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- ↑ La scultura nel senso suo rigoroso e stretto si riferisce ai lavori in marmo, chiamandosi plastica l’arte di far le figure di terra, statuaria l’arte di gettarle in bronzo, e intaglio l’arte di farle in legno. Aveano tai nomi anche gli antichi, come si vede presso Plinio lib. 34. cap. 7. sect. 16., e l. 35. cap. 12.
- ↑ Ma però se ne è parlato nel Tomo I. pag. 25. e segg.
- ↑ Vedi Tomo I. pag. 20. e segg.
- ↑ Scrive Plinio l. 35. c. 12. sect. 44., che dopo Lisistrato non si lavorava statua, o simulacro, che non se ne facesse il modello in creta.
- ↑ Prometeo si vede pure collo stecco in mano, e la figura sulle ginocchia in un basso-rilievo del Museo Capitolino riportato dal Bartoli Admir. Antiq. Roman. Tab. 65., dal Montfaucon Antiquit. Expl. Tom. I. par. iI. pag. 24., e ultimamente da Foggini Museo Capitol. Tom. IV. Tav. 25. pag. 119. Si vede anche in una gemma presso il Galeotti Gemmæ antiq. litt. &c. Tab. 5. n. 1., e presso altri.
- ↑ Plutarch. Sympos. lib. 2. probl. 3. oper. Tom. iI. pag. 636. C. [Plutarco riporta lo stesso detto De profectu in virtut. sent. in fine, pag. 88. princ.: Policleti dictum, qui difficillimum opus tractare eos pronunciavit, quibus ad unguem lutum pervenerit. οἷς ἂν εἰς ὄνυχα ὁ πηλὸς ἀφίκηται. Non pare che voglia dire altro in amendue i luoghi, se non che la parte più difficile era appunto quando