Pagina:Storia delle arti del disegno.djvu/78

lxviij E l o g i o

una copia, un lavoro d’imitazione, o de’ secoli posteriori, che un originale e un’opera de’ primi o de’ bei tempi dell’arte. Deve altresì l’antiquario aver di questa una giusta idea, sì per l’invenzione che per l’esecuzione dell’artista, quando esaminar vuole e spiegar un antico monumento. La favola deve sempre essere presente al suo spirito, e que’ tratti di essa principalmente e quelle idee che più volentieri soleano esprimere gli artisti. Ove ciò non basti, scorra allora per le altre mitologie, e per tutte le storie, paragonandone le opinioni, e gli avvenimenti coi suggetti che vede rappresentati, per iscorgerne i rapporti; e quando trovati gli abbia, gli esponga allora, di quella sola erudizione usando, che per rischiarare l’antico monumento è necessaria. Che se nulla trova che corrisponda all’idea dell’antico artista, risparmii in tal caso a sé e a’ leggitori un’inutile diceria: tutto al più brevemente esponga le ragioni per cui crede non potersene dare una spiegazione.

Ma ben diversamente usa la turba degli antiquarj. Essi abbracciano il primo pensiere che lor si presenta, e lo trasportano nell’opera che esaminano; s’attengono ad una mitologia triviale, o alle notizie comuni dell’antica storia, copiano citazioni e testi che sono fuor di proposito, o non provano nulla; né abbastanza fanno le lingue e l’arte per entrar nella mente de’ prischi scrittori, e degli antichi maestri. Quindi appena fanno parola del merito di tali monumenti riguardo all’arte, né tampoco indicar ne sogliono l'ampiezza, la grandezza, o altre simili proprietà generali; e per lo più ne’ libri loro non v’è che un ammasso d’erudizione senza scelta e senza gusto.

Winkelmann accese, per così dire, in Roma la face onde ben rischiararne gli antichi monumenti. Egli, pieno


lo